Riguardando l’ultimo post mi sono accorto che sono andato un po’ per le spicce, lasciando una indeterminatezza probabilmente eccessiva.
La scelta di cosa e come misurare i diversi fenomeni aziendali e di mercato per migliorare efficenza ed efficacia delle attività di marketing rappresenta infatti la formalizzazione e quantificazione della visione strategica teorica.
Dal percorso teorico che disegno/immagino per arrivare agli obiettivi stabiliti e quindi dai meccanismi con cui ipotizzo che le attività che andrò a realizzare si ripercuoteranno sull’equazione del profitto, deriva la definizione di cosa misurare e come misurarlo.
Quanto più il percorso teorico sarà preciso, tanto più conseguente sarà la definizione delle diverse metriche necessarie.
Tanti anni fa, prima di entrare in azienda (era il 1994) ho scritto un articolo in cui sostenevo che la forza di un marchio più essere descritta riconducendo tutte le sue caratteristiche a due soli descrittori: conoscenza e reputazione. Dopo quindici anni di marketing aziendale continuo ad essere della stessa opinione.
La differenza sta nella direzione del processo:
- in una logica analitica si lavora di sintesi partendo dalla complessità della realtà per ridurla alle due dimensioni di cui sopra, – - in una logica di sviluppo strategico si lavora di espansione, partendo dalle due dimensioni della conoscenza e della reputazione ed esplode in tutte le loro componenti per definire dove e come agire.
Credo sia abbastanza evidente che si tratta di situazioni piuttosto complesse, quindi mi permetto di consigliare di non spaventarsi se le metriche da utilizzare dovranno/potranno essere diverse da quelle usuali e se i metodi sono un po’ più complessi della media aritmetica (potete spaziare dall’analisi statistica multivariata alla neurofisiologia cognitiva).
Chiudo con questo blog la serie sulle terapie contro la marginalizzazione del marketing, sperando, sia per me che per chi legge, di alleggerire un po’ i contenuti dei prossimi post.