Magic Italy

Domenica scorsa sono partito per una settimana di lavoro negli USA con in animo di scrivere un post sullo spot “Magic Italy” recitato da Berlusconi perchè fra tutti i commenti più o meno folkloristici sul narcisismo del premier non ne ho trovato nemmeno uno in cui venisse ricordata la semplice verità che di ogni campagna pubblicitaria televisiva trasmessa in Italia, circa il 50%-60% va nelle casse di Publitalia (concessionaria di pubblicità della Fininvest). Questo con una pianificazione standard, senza dare una preferenza alle reti Fininvest, come potrebbe forse consigliare il profilo dei target rispetto alle reti RAI. Alla faccia della gratuità decantata dal Ministro (???) Brambilla.
Il fatto è che il conflitto di interessi è una cosa oggettiva, indipendente dalla correttezza o meno di chi ne è coinvolto
Poi sull’aereo ho trovato l’articolo sui programmi di Sgarbi come sovrintendente al Polo Museale Veneziano, lo stesso Sgarbi condannato nel 1994 per truffa e falso ai danni dello stato in seguito alla assenze fatte quando era dipendente della Sovrintendenza ai Beni artistici del Veneto, grazie a falsi certificati medici.
Qui ho cominciato ad allucinare.
Quando poi sabato sono tornato ed ho visto il nuovo scandalo P3, d’altra parte se Flavio Carboni continua ad essere una persona di riferimento per attività che riguardono istituzioni pubbliche non vedo cosa ci sia da stupirsi, ed ha questo punto ha prevalso lo scoramento.
Il fatto è che la questione morale è legata alla valutazione soggettiva che ognuno fa tra l’abilità e la corretezza che deve avere chi, ad ogni livello gestisce la cosa pubblica. Resta da sperare solo nella conversione dei cuori visto che oramai sembra essere passatti dai politici che si facevano corrompere della prima Repubblica ai corruttori messi direttamente a fare i politici. Probabilmente è questo il contributo di efficienza dell’approccio imprenditoriale nella gestione della cosa pubblica.
Sono sempre stato un ammiratore di De Gregori ed ho sempre creduto nelle capacità profetiche (futurologiche per usare un termine economico-aziendale); beh con il suo “legalizzare la mafia sarà la regola del duemila” del 1989 ha sbagliato solo di 10 anni.
Allora torniamo al marketing con una notizia data dall’assenza di notizia: sono stato una settima negli USA a fare visite sul mercato in Georgia, Washington D.C., Virginia e Maryland e non ho visto nessuna niente di nuovo in termini di marketing che mi sembrasse degno di nota.
Ero distratto? Sto diventando troppo vecchio e cinico? Eppure sono andato anche a visitare il Coca Cola World di Atlanta (anche volendo non è che ci sia molto altro da vedere in città), dove mi aspettavo di vedere all’opera i concetti di marketing più avanzati.
Invece niente, a parte trovare nei supermercati “Whole Foods” l’acqua di cocco in brik (prodotto di cui ho fatto scorta le due volte che sono andato in Brasile, non potendomi portare in aereo i cocchi verdi).
Tutta l’enfasi di tutti gli operatori del mercato è sull’ESECUZIONE. In altre parole sembra siano state date le risposte a tutti i PERCHE’, quindi ci si concentra in parte sul COSA, ma soprattutto sul COME.
Dubito che gli USA abbiano smesso di essere la frontiera del marketing e quindi le possibilità sembrano due: o tutte le domande e tutti perchè si definiscono nel web e l’off line si dedica esclusivamente a consegnare le risposte oppure il si sta avvicinando l’implosione del marketing (da piccolo volevo fare il poeta).

Miopia di marketing: la concorrenza tra Ferrero Grand Soleil e Fernet Branca.

I (numerosi) esempi di miopia di marketing sono sempre affascinanti. Questo potrebbe essere un caso da manuale, ma sinceramente mi sembrerebbe ingeneroso dire che i signori della Branca mancano di larghezza di veduta nel definire lo scenario competitivo.
Ma andiamo con ordine.
L’altro giorno trovo sul giornale questa pubblicità di Ferrero Grand Soleil
.
Perfetta, come al solito: chiaro il posizionamento, i benefit, le modalità ed i momenti di utilizzo. C’è sempre da togliersi il cappello davanti alle strategie di marketing della Ferrero e tutto il caso Grand Soleil meritebbe da solo alcuni post.
Ma non è questo il punto. Man mano che lo leggevo mi veniva in mente Fernet Branca: ingredienti naturali, elisir di erbe, ricetta esclusiva. Quando sono arrivato al “fine pasto ideale” il collegamento con il vecchio claim di Fernet Branca “digestimola” è stato inevitabile.
Ed ecco la miopia di marketing: il desiderio del consumatore di avere qualcosa per concludere il pasto con piacere e possibilmente favorendo la digestione non è cambiato, sono cambiati i prodotti con cui lo soddisfa.
Una volta era l’amaro, poi il limoncello adesso Grand Soleil (non a caso partito con il gusto al limone). Destrutturazione dei pasti e riduzione del tempo dedicato alla loro preparazione, infantilizzazione dei gusti, riduzione del numero dei componenti delle famiglie sono tutti elementi a favore del successo di Grand Soleil, ma il grande merito di Ferrero è di non aver sviluppato una forte innovazione di propodtto per fornire una soluzione nuova ad un bisogno esistente, senza velleitarie fughe in avanti per cercare la novità fine a se stessa.
E su questo aspetto finiscono le attenuanti per Branca, perchè se è evidente che sarebbe improponibile pensare ad una ditta di liquori e distillati che sviluppa un prodotto come Grand Soleil, l’abbandono del proprio territorio competitivo di elezione è un peccato quasi mortale.
Lo dico pensando all’ultimo spot di Branca Menta(lo so che diranno che sono due prodotti diversi, ma ci mi legge sa già che non credo al successo delle marche schizofreniche), che rincorre il mondo dei consumi giovanili e/o giovanilistici dei locali così detti di tendenza.
Mi ricordato il vecchio spot Keglevich con la goccia di vodka che risaliva il corpo della modella. Confesso che già per Keglevich si trattava di una comunicazione banale, poco posizionante e poco differenziante (solita situazione superalcolico, locale trendy, bella ragazza). Per Branca Menta mi sembra totalmente illusorio. Come mi ha detto una volta un art director di un’agenzia che non ho scelto: “Prendiamo la gente giusta, la mettiamo nella situazione giusta, con il look giusto e quindi facciamo lo spot giusto”.
Beh il marketing è semplice, ma non semplicistico e meno che meno tautologico.
Davvero non c’è spazio per sostenere il consumo casalingo (responsabile, off course), magari anche individuale legato ad un momento di piacere adulto di un amaro?

Vedo e stupisco

Premesso che una delle PRE-condizioni (quindi necessaria, ma non sufficiente) del successo di una strategia di marketing è la sua coerenza interna, vedo sul giornale la pubblicità della “Giornata Nazionale per la Promozione della LETTURA” e stupisco.

Stupisco perchè si tratta di una campagna realizzata da librai ed editori a favore dell’uso (se non vogliamo dire acquisto) dei libri.

Perchè secondo loro chi usa internet (il Grande Satana dell’editoria) cosa fa, guarda le figure?

E’ nato l’impero del consumatore finale! Ancora?

Sul supplemento affari del Pais di domenica 25 aprile Leggo l’articolo sulle giornate Hoy es marketing 2010 organizzate come ogni anno dalla business school ESIC e alucino.
La crema del marketing spagnolo si è ritrovata ed ha parlato di concetti come quello del titolo oppure del “ritorno al cliente” come una delle 4 grandi tendenze del momento o ancora della necessità di “segmentare e stabilire priorità”. Cito a memoria da Marketing Management di Philip Kotler: “secondo il concetto di marketing l’organizzazione raggiunge i suoi obiettivi attraverso la soddisfazione dei bisogni e desideri dei propri mercati obiettivo in modo più efficacie ed efficente dei concorrenti” (consiglio di leggerla almeno un paio di volte per coglierne tutta la completezza). La mie edizione (canadese) di Marketing Management credo sia del 1988 e siamo ancora qui a dire queste cose?
Allora probabilmente ci meritiamo la marginalizzazione che continua a subire il marketing nelle aziende e nella società.
Ed infatti un’altro dei concetti riportati è che “tutti nell’azienda sono venditori, dall’operaio del magazzino all’alta direzione”. Qualche anno si sosteneva un concetto simile, solo con la parola marketing al posto vendite.
Ovviamente è stato detto anche qualcosa di interessante:
- il presidente di Coca Cola Iberia (secondo mercato europeo e sesto mondiale) ha detto: “Abbiamo tutti bisogno l’uno dell’altro. Siamo in concorrenza con la Pepsi, però allo stesso tempo collaboriamo quando si tratta di difendere il settore (il settore n.d.a.)” Guarda un po’ la buona vecchia CO-OPETIZIONE che il lettori di biscomarketing già conoscono.
- Miguel Orense, autore di libri di management, segnala l’importanza di anticipare le tendenze per avere un buon posizionamento nei motori di ricerca, sapendo prima degli altri quali saranno le parole di moda nei mesi seguenti perchè queste saranno le più ricercate. Quasi quasi nella descrizione del sito Santa Margherita metto l’espressione “QUANT’ALTRO” (ma chi l’ha lanciata? Non vuol dire niente e non se ne può più).
- Parlando di parole due nuovi termini: “innoviquity“ossia essere disponibili in ogni momento e in ogni posto per il cliente (ma secondo me sembra più voglia dire innovazione ubiquitaria, bisognerà cercare l’originale inglese, se esiste) e “lowxury” ossia il lusso low cost. La parola suona ben, però quest’ultimo concetto rischia facilmente di scivolare lungo la china della monetizzazione di una forte brand equity, strategia validissima nel breve e sucida nl lungo termine.
Hasta pronto!

Non c’è più rispetto, neanchè per l’età

Circa 4 anni fa ho iniziato a scrivere questo blog spinto dal disagio di vedere le strategie (di marketing) aziendali relegate ad un ruolo sempre più marginale rispetto alle tattiche. In altre parole i muscoli avevano sempre più spesso la meglio sul cervello.
Oggi sono tornato a leggermi il mio primo post, non solo perchè qualcuno dei pochi ma affezionati lettori di questo blog mi ha fatto notare che sono un po’ densi, ma per verificare se e come è cambiato qualcosa in questo lasso di tempo.
Il fatto è che ultimamente, sarà il settore, sarà il destino, mi trovo frequentemente ad avere a che fare con gente che parla di marketing e comunicazione senza averne idea (e non parlo di aver fatto un’esame di marketing all’università, per la stessa logica per cui in non dò pareri medici anche se ho fatto un’esame di patologia generale).
Spesso poi la questione viene posta nei termini per cui ci sono le cose vere e poi c’è il marketing; l’associazione (sbagliata) marketing=pubblicità è perfino peggiorata in marketing=propoganda intesa come tutte quelle attività di persuasione occulta che, effetivamente, è favorita dalla scelta fatta dai mezzi di informazione di vendere al miglior (?) offerente la propria credibilità pur di sopravvivere.
E so benissimo, perchè sono io che vado in giro a dirlo, che il marketing in sintesi è BUON SENSO STRUTTURATO, però questo significa solamente che l’approccio di marketing può nascere ed essere condiviso anche al di fuori degli ambiti specialistici, non che non sia una disciplina con un suo corpo di regole e competenze. E poi insieme a “buon senso” c’è anche la parolo “strutturato” in cui entrano tutte le competenze tecniche ed esperienze di chi si dedica a questo.
Il risultato è, nel migliore dei casi, un’inutile perdita di tempo per spiegare cose ovvie (come la simbologia di un quadro è ovvia ad uno storico dell’arte, ma non per un profano). Nel peggiore dei casi invece si le questioni non vengono affrontate nei loro elementi sostanziali, distratti dagli aspetti formali (stucco e pittura fa bella figura) e quindi non si risolvono.
come dicevo quattro anni fa, il rispetto bisogna anche guadagnarselo e tutti i mestieranti del marketing non aiutano, però confesso che oggi mi sento veramente stanco e preso in giro a lavorare in un ambito dove tutti credono che tutte le opinioni abbiano il medesimo diritto di cittadinanza.
Dovrò mettermi a studiare il pensiero debole.

(Quando) imploderà il marketing?

Da qualche tempo ho questa (strana) sensazione per cui anche l’economia (aziendale) si regge su principi sostanzialmente equivalenti alle leggi fisiche. In realtà se penso allo spettacolo di Marco Paolini “I miserabili – io e Margareth Thatcher, forse la sensazione non è solo mia e non si limita alla sola economia, ma magari si può allargare alle scienze sociali in generale.
Sarà forse la voglia di trovare dei meccanismi deterministici per capire quello che succede e prevedere quello che succederà? Anche se da giovane ricercatore di economia volevo seriamente realizzare la psicostoria , non credo si tratti di questi, tanto più che lo sviluppo della fisica quantistica si basa sul concetto di probabilità (se non l’ho capita male).
Comunque il concetto fisico che mi porta a credere che il marketing imploderà, e quindi a chiedermi quando è quello dell’entropia, ossia del caos, secondo cui un sistema isolato (senza cioè apporti esterni) tende naturalmente a trasformare tutta l’energia disponibile per produrre lavoro in entropia (caos o disordine che dir si voglia).
Se volete la teoria fisica ci sono i link precedenti per cominciare, ma io voglio provare a spiegare cosa intendo con l’esempio del jazz (d’altra parte la musica è sostanzialmente matematica).
Il jazz prende forma come genere musicale nei primi anni del novecento e si evolve sostanzialmente in queste fasi di entropia crescente:
- lo swing e le big bands
- il bop (bebop, coll jazz, hard bop)
- il free jazz (tralascio la fusion, perchè secondo me è già un’altra cosa).
Qui l’uso del termine entropia cade a pennello perchè dalle origini al free jazz aumenta il peso dell’improvvisazione che arriva, con il free jazz appunto, a rappresentare l’intero pezzo musicale. Dopo essere arrivato al free, l’evoluzione si ferma ed il jazz ripete se stesso oppure diventa un’altra cosa (la fusion per esempio). D’altra parte, dove si poteva andare dopo essere arrivati al free? Il jazz è naturalmente evoluto attraverso stadi di maggior confusione, fino ad arrivare alla confusione massima e, di fatto, implodere.
Succederà lo stesso anche al marketing? Sta già succedendo al capitalismo che, dopo aver raggiunto la massima confusione con il turbocapitalismo, è crollato nel 2008? L’assioma di partenza prevede come condizione il trovarsi in un sistema isolato, che non riceve nuovi apporti di energia dall’esterno. E’ una condizione applicabile quando parliamo dei sistemi sociali, cioè basati sulle persone? In un’economia (società) è i sistemi sono sempre meno isolati, ma l’economia (società) planetaria diventa senpre più essa stessa un sistema.
Concludo dicendo che lo spunto di tutto questo ragionamento è stata l’ultima pubblicità dell’Orzo Bimbo. L’ennesima campagna che ripete se stessa ritornando al tempo del sogno con lo slogan “Orzo Bimbo bim, bum, bam).
Se qualcuno vuole cominciare una colletta per pagarmi lunghe e costose sessioni di analisi, è il benvenuto.

Co-opetizione

Finalmente sono riuscito ad aggiustare (per l’ennesima volta biscomarketing). Per farmi perdonare dei danni, e quindi ritardi, che causa la mia poca destrezza con l’informatica, ecco un post piuttosto denso sulla co-opetizione (se non sapete cos’è, non preoccupatevi siete in ottima e numerosa compagnia).
In realtà si tratta della mia relazione al convegno “La crisi come opportunità: conoscenza e cooperazione per rilanciare il vino siciliano” tenutosi a Marsala il 4 dicembre scorso.

Buona lettura.

Lorenzo
sintesi coopetizione