Questo titolo prolisso alla Wertmuller nasce dallo stupore provato nel sentire i servizi del giornale radio sull’omelia odierna di Papa Francesco durante la messa della sua investitura (lo so che non si chiama così, ma una volta tanto opto per la sintesi rispetto alla precisione).
E’ che io la servant leadership l’ho imparata, analizzata ed approfondita studiando gli articoli di William B. Locander e David L. Luechauer, pubblicati sulla rivista Marketing Management dell’American Marketing Association.
Dubito che Papa Francesco abbia studiato gestione del personale, ma da un gesuita ci si può aspettare anche questo, ed è molto, molto, molto, molto più probabile che la sua ispirazione siano gli esempi storici di servant leadership in ambito filosofico e religioso (Gesù in primis ovviamente).
Semmai una ennesima dimostrazione dell’universalità dell’umano (ricordo tanti anni al master della SMEA il manager di un’azienda appasionarsi per la dimensione economica dell’uomo, visione che mi è sempre sembrata limitata e riduttiva rispetto alla dimensione umana delle persone). Dimostrazione che probabilmente si chiude e si rafforza (oppure si cortorcuita a seconda del punto di vista) osservando con il percorso umano di Aldo Brandirali, fondatore dell’estinta rivista dell’Unione Comunisti Italiani “Servire il Popolo”.
Comunque la si veda, io spero che questo aiuti a dare fiducia alle persone che cercano di guidare e non di comandare. Bisogna essere (diventare) forti per non aver timore della tenerezza.
Il bello è che secondo le rilevazioni dell’agenzia di rating della responsabilità sociale delle imprese Standard Ethics, le imprese “più buone” sono anche quelle con i migliori risultati nel lungo periodo.