Ecco cosa ho visto al London International Wine Fair (e non solo).

Ho un certo ingorgo (mentale) di post che dovrei/vorrei scrivere ma non ne trovo il tempo. Allora, visto che sono in ritardo, tanto vale che faccia una salto nell’attualità con alcune impressioni riportare dall’ultimo LIWF (pensare che non ho ancora scritto il post sul Prowein+Vinitaly ed il futuro ridimensionamento del vino italiano).

L’India per il vino italiano sarà la nuova Cina ….. intanto gli indiani presentano i vini di loro produzione in quello che è il loro ovvio primo mercato di riferimento

Una delle categorie di bevande in maggior crescita sono quelle a base vino, uno dei più importanti produttori e l’azienda italiana Bosca che esporta milioni di bottiglie sui mercati esteri nell’indifferenza generale, perchè qui il vino si concepisce solo come storia, territorio, rispetto, autenticità, ecc… intanto i francesi allargano i loro assortimenti con marchi che utilizzano parole italiane (da notare: l’indicazione di un vitigno, l’evidenza del basso grado alcolico, l’indicazione delle calorie, la dicitura in etichetta frontale “Aromatizated wine – product cocktail)

“Vi sono più cose in cielo ed in terra Orazio di quante se ne sognano nella vostra filosofia”. La frase di Amleto vale anche per il vino …. sarà per questo che c’è bisogno di una mappa per orientarsi?

….. magari copiando da altri settori contigui come questa esposizione di whisky all’aeroporto di Zurigo

… oppure ricordandosi che gamification è una delle parole d’ordine del futuro, come facevano i francesi al Prodexpo di Mosca di quest’anno.

(l’anno scorso alla fiera Imbibe, sempre a Londra, Bibendum aveva un pannello con un percorso sensoriale, ma non trovo più la foto).

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Comunque se non siete stati al LIWF, non avete perso molto. Tanto che l’anno prossimo la spostano al (più piccolo e più centrale) Olympia Center.

Marketing territoriale 2: Italia vs. Spagna

Non prevedevo di fare due puntate di marketing territoriale, però la trasferta di una settimana in fiera a Mosca è stata ricca di spunti (sarà stato il caldo: temperature da +2 a -5).

Piccola premessa sul Prodexpo: si tratta di una fiera che riguarda tutto l’alimentare, comprese le materie prime. I padiglioini più grandi sono quelli dei superalcolici (dove, chissà perchè, si trova anche stand di sigarette), del pesce e delle carni fresche.

Gli espositori esteri sono concentrati in un unico padiglione, con quelli delle carni fresche raggruppati in una sala e quelli di tutti gli altri prodotti nella sala contigua.

Quest’anno, vado a memoria, c’erano gli stand nazionali di Cile, Grecia, Spagna, Portogallo, Macedonia e Finlandia. All’interno di questi stand nazionali c’erano espositori di prodotti diversi (come è normale), ma con forte prevalenza di vino, più l’olio per Grecia, Spagna e Cile ed olive per Grecia e Spagna.

C’era poi una piccola zona con espositori francesi (vino, croissants, macarons, ecc…), una zona con gli espositori italiani (dove c’ero io) ed una con espositori cinesi.

Come da foto l’impatto di immagine più forte era, secondo me, quello dello stand spagnolo.



Il logo “Food and Wines from Spain” che campeggiava su tutto lo stand, suddiviso poi nelle singole postazioni delle aziende espositrici, e copriva l’area più vasta della sala, anche perchè si univa in un tutt’uno con la zona “Espana” delle carni fresche confinanti.

La zona italiana viceversa mancava talmente di un’identità nazionale, tanto che al mio stand sono passati due visitatori convinti di essere nella zona del Portogallo (che non era neanche confinante). Anche qui le foto danno un saggio dell’eterogeneità dell’immagine Paese che veniva comunicata dagli stand.



La prima impressione è che non c’era confronto tra la forza e chiarezza dell’immagine della Spagna e la confusione italiana. Però, come insegna il metodo sperimentale galileiano del “provare e riprovare”, l’osservazione della realtà dava dei risultati diversi. Il padiglione spagnolo era sempre semi-deserto, rispetto al discreto traffico di quello italiano.

Merito dei prodotti diversi (in più da noi c’erano caffè, pizza, pasta e salumi)? Della presenza delle nostre aziende sul mercato da più tempo? Dell’immagine positiva che l’Italia ha in Russia? Non lo so ma ho il sospetto che anche la “confusione” ed il “colore” dato dall’eterogeneità possa dare il suo contributo. In altre parole la zona italiana attirava di più anche perchè era più divertente del monolite spagnolo.

Si riuscisse a trovare una sintesi capace di aggiungere una unitarietà alla nostra diversità ….. Qualcosa che rappresenti l’Italia plurale per parafrasare un concetto di … Zapatero.

Due note a margine. Nella zona italiana lo stand più grande era quello del Ministero dello Sviluppo Economico-Direzione Generale Lotta alla Contraffazione-Ufficio Italiano Brevetti e Marchi. A parte la traduzione del “Vero gusto italiano” come “Actual taste of Italy” (magari ci stava meglio Real), a parte con non so bene come erano state selezionate le aziende di Federalimentare che avevano il privilegio di trovarsi in quello stand dove venivano fatte dimostrazioni di cucina ed è passato ospite Albano, a parte che non capisco cosa c’entri questo tipo di attività con i compiti della suddetta direzione, ma era troppo chiedere che qualcuno tra il nutrito personale perdesse due minuti a visitare gli stand delle altre aziende italiane presenti in Fiera a spiegare cosa ci facevano lì e quali servizi potevano offrire alle imprese italiane operanti sul mercato russo.

C’era anche un piccolo stand dell’ICE che non voglio nemmeno commentare. Per motivi che preferisco mi rimangano oscuri è resuscitato dopo essere stato soppresso. Spero solo che il nuovo governo lo abolisca.