La prima frase del titolo l’ho sentita dire da nonmi ricordo più chi ad un convegno al Cibus del 1992. Alcune ere geologiche digitali fa. E per un bel pezzo “glocal” è stato uno dei termini di modi nella comunicazione e gestione aziendale.
L’effettivo avvento della società digitale sta riportando il marketing ai suoi aspetti fondamentali, dando la possibilità di realizzare con un’immediatezza raramente vista prima gli enunciati di principio.
Se la creazione e gestione dei contenuti, fatta in gran parte sui media digitali, è alla base dell’immagine (reputazione) della marca, il location-based marketing è quello che permette di utilizzare gli stessi media per monetizzarla.
Cos’è il location-based marketing?
Da definizione di wikipedia si tratta di una nuova forma di comunicazione (pubblicità in originale, N.d.A.) che integra la comunicazione su dispositivi portatili con servizi/prodotti su base locale. La tecnologia è utilizzata per identificare dove si trova il (potenziale N.d.A.) consumatore e fornirgli comunicazioni legate specificatammente al luogo in cui si trova sui sui dispositivi portatili (smartphone per farla breve N.d.A.).
Secondo Bruner e Kummar (2007) ” location-based marketing si riferisce ad informazioni controllate dall’azienda e disegnate specificatamente per il luogo in cui gli utenti accedono ad un mezzo di comunicazione.”
Questa la definizione, che come vedete risale a quasi 10 anni fa, ma quali sono le tendenze?
Un articolo di Mireya Prado nel numero primaverile di Marketing Insights, rivista dell’American Marketing Association, indica queste come le principali.
1. La facilità d’uso su smartphone (e tablet) è cruciale.
La diffusione della navigazione da smartphone ha portato i motori di ricerca ad adottare nuove tecnologie per migliorare l’esperienza di utilizzo. Google ad esempio ha spinto sulle Accellerated Mobile Pages (in sintesi una tecnologia che permette di caricare più velocemente le pagine su smartphone ed ha effettuato vari aggiornamenti dell’algoritmo per migliorare la ricerca locale da dispositivi mobili.
Anche per il 2016 è prevedibile che gli aggiornamenti continuino ed una delle direzione in cui si svilupperanno è quella di utilizzare gli “structured data” come elemento di dterminaazione del ranking nelle ricerche (se sapessi cosa significa, lo spiegherei. al momento l’ho solo intuito leggendo la spiegazione che ne fa google search)
La sintesi di tutto questo è che nel 2016, per avere successo nelle ricerche su base locale bisognerà disegnare i nostri media digitali con un approccio “mobile first” in modo da fornire agli utenti la miglior esperienza di navigazione possibile per semplicità e completezza.
2. Capire che le persone (consumatori) usano i social come vogliono loro, non come l’azienda vorrebbe che li usassero.
Sulla diffusione dei social creo ci sia poco da dire, perchè la viviamo tutti in prima persona. Come in prima persona viviamo la diffusione del loro utilizzo da cellullare (i direi quasi che il secondo ha favorito il primo).
Questo ha creato la proliferazione di messaggi/contenuti in tempo reale a livello globale.
La conseguenza per i messaggi di contenuti locali è la necessità di comunicare direttamente con il consumatore e quindi di creare un coinvolgimento (dimenticatevi likes e follower: sono solo scalpi, al limite, decorativi).
Oggi i consumatori si aspettano una risposta diretta da una marca in meno di un’ora (io qualche anno fa avevo fissato come obiettivo del mio dipartimento di rispondere entro un giorno. Ognuno pensi ai tempi di risposta che riceve dalle marche, quando le riceve).
Perchè allora fare la fatica di accontentare questi tempi di risposta? Perchè una connessione rilevante con la marca aumenta di 7 volte la probabilità che un consumatore risponda positivamente ad una promozione.
3. Beacons e mobile wallet non sono una moda.
L’adozione di beacons e mobile wallet è ancora marginale perchè queste tecnologie non hanno ancora portato chiari vantaggi per le persone (consumatori). Nel momento in cui le marche saranno in grado di offrire esperienze (di acquisto) in grado di rispondere alla domanda del consumatore “A me cosa me ne viene?”, l’adozione sarà rapida.
La marca Sephora nel 2015 ha fatto dei test integrando beacons e mobile wallet nella ricerca dei punti vendita ed all’interno del punto vendita. In questo modo è possibile ottenre informazini riguardo a cosa e/o come porta i consumatori ad effettuare un acquisto e sviluppare le proprie strategie di conseguenza.
4. La cura della privacy non è un’opzione.
Il location-based marketing ha per sua natura un rischio intrinseco di diventare spam agli occhi del consumatore.
Quello che evita questo rischio è la rilevanza dei messaggi che la marca invia relativamente al contesto in cui si trovano le persone.
Secondo uno studio realizzato da Accenture negli USA, il 49% dei consumatori non hanno problemi a condividere i propri dati con una marca, se questa fornisce informazioni per loro rilevanti. Viceversa preparatevi ad essere nella lista dei loro adblockers.
Alla rilevanza nei confronti dei consumatori, vanno aggiunte trasperenza e chiarezza su come, quando e perchè la marca utilizzerà i loro dati.
5. La crescente importanza del location-based marketing richiede una sua gestione da parte delle aziende.
Si prevede la creazioen di una nuova figura all’interno dlele aziende: il Chief Location Officer, responsabile di gestire la comunicazione tra le varie funzioni aziendali per creare una miglior relazione con il cliente / consumatorea livello di esperienza locale.
Concludo con tre considerazioni mie:
a) molti dei concetti del location-based marketing mi sembrano collegati a quelli del (mio) marketing totale. La gestione però appare estremamente complessa.
b) leggendo l’articolo su Marketing Insights e scrivendo questo post mi sono sentito molto vecchio e affaticato.
c) i miei post hanno fama di essere complessi e non di facile comprensione. molte delle cose che ho scritto in questo post non sono chiare nemmmeno a me (vedi punto precedente). Se qualcuno me le volesse spiegare è il benevenuto.