“Che cos’è la psichiatria” dovrebbe essere lettura obbligatoria in tutti i corsi di gestione aziendale.

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Oggi un post breve perché sarete tutti a guardare i risultati delle elezioni.

Ho finito di leggere “Che cos’è la psichiatria” a cura di Franco Basaglia, Baldini e Castoldi, 1997.

In realtà questa è una ri-edizione con prefazione di Franca Ongaro Basaglia del volume uscito nel 1967 a cura dell’Amministrazione Provinciale di Parma (da cui al tempo dipendevano gli Ospedali Psichiatrici).

Si tratta di un libro che raccoglie alcuni saggi sulla situazione della psichiatria e dell’istituzione “ospedale psichiatrico” ed alcuni verbali / stralci delle assemblee di comunità dell’Ospedale Psichiatrico di Gorizia, dove Basagli nel 1961 cominciò a mettere in pratica le sue teorie ed il suo approccio, trasferite poi nella più famosa esperienza dell’Ospedale Psichiatrico di Trieste. Esperienze sfociate poi nella legge 180 del 1978 che riformava l’assistenza psichiatrica (gli specialisti del tema mi perdoneranno le semplificazioni).

E’ un testo che oramai si trova solo nelle biblioteche e non in commercio. Ed è un peccato perché secondo me dovrebbe essere un testo obbligatorio in tutti i corsi di gestione aziendale, in special modo negli MBA (Master in Business Administration) per quello che permette di imparare su leadershi, gestione delle organizzazioni, gestione dei gruppi ed empowerment dei collobaratori / persone.

Cito solo il fatto che in Ospedale Psichiatrico Basaglia non indossava il camice e che nelle assemblee di comunità al tavolo di presidenza sedevano 3 degenti: un presidente, una presidente ed un/a segretario/a. Queste cariche venivano votate dall”assemblea a cui partecipavano i degenti ed il personale dell’ospedale e duravano normalmente una settimana (ma potevano essere prolungate nel caso ci fossero da gestire questioni di complessità e durata tale da richiederlo, sempre con votazione ovviamente).

Altro che von Clausewitz o Sun Tzu.

Questa la parte professionale.

Permettetemi anche una considerazione di carattere più personale: è stupefacente come leggendo il libro di Basaglia ci si rendi conto come la spersonalizzazione sia ancora oggi la base dell’organizzazione dell’istituzione ospedaliera (intendo quella “normale”, non quella psichiatrica).

Ovviamente non ai livelli dei manicomi degli anni ’60 del secolo scorso con i malati legati al letto o agli alberi, tranquillizzati attraverso tecniche di soffocamento, curati con elettroshock e lobotomie.

Però l’impostazione è che l’efficienza dell’ospedale sarà maggiore quanto più i ricoverati non si comportino da individui senzienti, ma siano ubbidienti/sottomessi. “Pazienti” nel senso più completo del termine.

In modo particolare se si tratta di pazienti anziani.

La settimana prossima devo restituire il libro alla biblioteca, ma spero di riuscire ad acquistarlo prima o poi perché è uno di quei libri che mi piacerebbe avere in casa.

Lead through ideas (therefore innovation).

Faccio un’ eccezione alla mia regola di limitare l’uso dell’inglese ai casi strettamente indispensabili con un titolo totalmente in inglese.

Il motivo è che nessuna traduzione del concetto di “lead” in questo contesto mi piaceva, perchè qui lead è un po’ guidare, un po’ condurre, un po’ dirigire, un po’ “indurre a”, un po’ coinvolgere.

Ormai per tutti (sembra) chiara la differenza tra autoritarietà ed autorevolezza, ma “lead” ha un significato più ampio e meno duro, nel senso di soft e hard skills (ancora l’inglese).

Ad ogni modo, qualunque sia il significato che volete dargli, credo che nelle organizzazioni (economiche e non) sia sottovalutata l’importanza che hanno le idee per raggiungere il risultato.

Le idee sono quello che fanno una grande azienda, anche se non è un’azienda grande, parafrasando la vecchia pubblicità dei pennelli Cinghiale secondo cui per un lavoro bene fatto non ci voleva un pennello grande, ma un ungrande pennello.

Credo sia tanto più vero, quanto più si allarga il numero e l’eterogeneità dei portatori di interessi / fornitori / partners (stakeholders) con cui l’azienda deve interegire e con i quali i rapporti sono gerarchicamente sempre più deboli e labili.

E’ vero che le cose si fanno con i soldi (risorse), ma si fanno anche con le idee. Anzi le cose (strategie) si fanno PIU’ con i soldi che con le idee.

Oramai da un po’ di tempo tendo sempre a fare esempi tratti dalla mia esperienza diretta. Forse è vanità, a me piace pensare che sia per (di)mostrare che non si tratta di concetti puramente teorici, malgrado possano sembrarlo.

Le (buone) idee creano risorse (umane e finanziarie) perchè motivano le organizzazioni e le persone. Nota: le persone si motivano sempre da sè, l’attività di chi ha la responsabilità di gestire delle persone può solo affievolire o incrementare la loro motivazione intrinseca.

Un’agenzia (di pubblicità, di PR, di gestione di social media, ecc…) lavorerà con più voglia (dedicando attenzione, tempo, cura) ad una grande idea rispetto ad un grande budget.

Una buona idea può diventare un catalizzatore per realizzare co-marketing che moltiplicano la disponibilità di risorse ed arricchiscono il concetto iniziale, moltiplicandone quindi la rilevanza.

A tutti piace essere all’avanguardia, sia per soddisfazione personale che per i risultati che porta in termini di affari. Essere portatori di idee, genera rispetto e credibilità da parte di consumatori, clienti, intermediari commerciali e reti di vendita.

Esempi vissuti in prima persona potrei farne a decine, ma non voglio dilugarmi ed annoiarvi.

Lead through ideas, in italiano potrei tradurlo diventare generatori di idee, è conseguenza di un approccio culturale, quindi è facile e difficile allo stesso.

E’ facile perchè è una questione principalmente di atteggiamento, apertura mentale, curiosità intellettuale e competenze.

E’ difficile perchè pensare in grande richiede spesso un salto culturale è sempre il coraggio di andare oltre lo status quo (su questo rimando al post “Eterodossia ed innovazione”)

Il problema si risolve quando l’innovazione permanente, ma non frenetica, diventa lo status quo.

Per chiarire quello che voglio dire, o per confondervi ancora di più, concludo con tre citazioni:

“L’impresa di successo non è nè in anticipo nè in ritardo sui tempi: è giusta”; Giorgio Brunetti, professore di Economia Aziendale dell’Università Cà Foscari di Venezia durante una lezione al mio corso della Smea di Cremona. Io negli anni l’ho leggermente modificata dicendo che l’azienda di successo deve essere leggermente in anticipo sui tempi (consumatori, clienti, concorrenti).

“Excellence Pursuer, Prevail Forever”; slogan China Contruction Bank.

” A creative man is motivated by the desire to achieve, not by the desire to beat others. ”; Ayn Rand.

Being an achiever, not beater, brings you to your goals!