Lo scorso 12 dicembre ho pubblicato un post dove spiegavo le ragioni per cui avevo deciso di realizzare la campagna pubblicitaria del Prosecco DOC Spumante “Storie di Noir” che produco insieme alla cantina Bosco Levada di Ceggia, su facebook invece che su L’Internazionale.
Oggi, con un po’ di ritardo, espongo la valutazione dei risultati che mi porta a dire che sarebbe stato meglio farla su L’Internazionale. Anzi, probabilmente sarebbe stato meglio non farla per niente.
L’obiettivo principale della campagna era sostenere le vendite di Storie di Noir nel periodo natalizio, uno dei momenti di maggior consumo di prosecco, sui siti di e-commerce di vini Tannico ed Etilika (soprattutto sul primo, che è il principale e-commerce di vino italiano).
Le bottiglie vendute a chi proveniva dai link dei post su facebook sono state 25, quindi è evidente che l’obiettivo non è stato raggiunto (meno male che c’erano anche le vendite “organiche”).
Magari facendo una pagina di pubblicità su L’Internazionale (il budget di più non permetteva) ne avremmo vendute meno, ma evidentemente 25 bottiglia in più o in meno non spostano il risultato dell’anno.
Il bello di facebook è che uno può analizzare il comportamento delle persone riguardo alla campagna e capire meglio cosa non ha funzionato.
La copertura, ossia le persone che si sono trovate i vari post sponsorizzati nella loro bacheca, è stata di 269.590 utenti facebook.
Le impressions, ossia le volte in cui i post sponsorizzati sono stati visti, sono state 750.190. In pratica ogni utente facebook che ha visto i post, li ha visti 2,78 volte (frequenza). Poiché la visione di un post non è frazionabile si capisce che ci sono stati utenti che l’hanno visto 2 volte ed altri che l’hanno visto 4 (se non peggio). Evidentemente in termini di impatto della campagna non è la stessa cosa rispetto a che TUTTI gli utenti raggiunti vedano i post 3 volte.
In realtà le interazioni con i vari post pubblicati sono state in linea con gli obiettivi perché ci sono state 34.678 interazioni sui post (like, commenti, condivisioni, ecc…) di cui 5.886 click sui link che portavano alle pagine di Storie di Noir sui siti di Tannico e di Etilika (il peso della campagna è stato circa 90% Tannico e 10% Etilika).
Quindi quello che non ha funzionato è stata la conversione in acquisto da parte delle persone una volta arrivate sul sito di e-commerce. Io mi aspettavo intorno al 10%, ma mi sarei accontentato anche del 5%. Tassi di conversione abbastanza in linea con quelli realizzati in campagne simili, a quanto mi dicono.
Cosa è mancato. Sinceramente non lo so, ma provo a fare delle ipotesi.
La scelta del target.
Nelle mie aspettative uno dei vantaggi di facebook era la possibilità di mirare al target con precisione chirurgica, sogno di tutti gli investitori di pubblicità, ancora di più se sono del segno della Vergine come me.
Ho scoperto però che non è proprio così, perché restringendo il target in termini geografici, demografici e psicografici, l’investimento per ottenere la copertura voluta diventa molto più alto.
Non chiedetemi come mai, perché non l’ho ancora capito malgrado me lo sia fatto spiegare più di una volta. La sensazione che mi è rimasta è che a facebook interessa vendere agli investitori il maggior numero di utenti e quindi penalizza in termini di costo contatto le pianificazioni troppo ristrette. Un come quando Fininvest, ossia Canale 5, Rete 4 e Italia 1, nella pianificazione delle campagne pubblicitarie di Limoncè mi metteva i passaggi degli spot alle 2 di notte per “ottimizzare”.
Il problema non è banale perché grazie all’accesso ai dati che Tannico mette a disposizione dei propri fornitori, io dispongo di parecchie informazioni su profilo geografico e demografico di chi acquista Storie di Noir, quindi so con una buona precisione quanta comunicazione sto sprecando e dove.
Tra l’altro facebook permette di definire il target per comune o per regione, ma non per provincia.
La (scarsa) velocità del mezzo.
Sempre nelle mie aspettative facebook doveva essere un media molto veloce, con la possibilità di correggere in corsa la pianificazione, investendo di più sui post che mostravano i migliori risultati ed abbandonando i meno efficienti.
Questa era stata una delle ragioni per preferire facebook a L’Internazionale, prevedendo di concentrare la campagna dal 10 al 17 dicembre (l’uscita su L’Internazionale sarebbe stata sul numero dell’11 dicembre). massimo fino al 20. Oltre questa data infatti i siti di e-commerce non riescono più a garantire la consegna prima di Natale e qui dini i giochi degli acquisti di vino per le feste sono chiusi.
Nuovamente ho scoperto che le cose stanno diversamente da come credevo: i post sponsorizzati hanno bisogno almeno di qualche giorno per sviluppare i numeri di copertura e frequenza previsti. A meno di non aumentare significativamente l’investimento.
Questo riduce anche la possibilità sperimentare l’efficacia dei diversi post (learning by doing) per puntare su quelli che mostrano i migliori risultati, perché significa in un certo senso ripartire ogni volta.
Aggiungeteci poi che facebook ha sospeso il post con il link a Tannico venerdì 11 dicembre, giusto prima del cruciale fine settimana del 12-13 dicembre, perché si trattava di un vino, quindi un alcolico, e dovevano verificare che il target definito da noi non fosse in contrasto con la loro politiche aziendali. Stranamente il post con il link ad Etilika, esattamente uguale a parte il sito a cui portava, è rimasto tranquillamente on line.
Alla fine per raggiungere gli obiettivi di copertura e frequenza, abbiamo allargato la pianificazione a tutta l’Italia invece che solo alle regioni dove le persone avevano acquistato Storie di Noir in passato, e l’abbiamo allungata fino al 22 dicembre. Probabilmente questo ha contribuito alla bassa conversione tra click al sito e successivi acquisti.
In sintesi cosa ho imparato.
- Il budget necessario per fare una campagna facebook nazionale (o almeno pluriregionale) è simile a quello per fare una campagna su “L’Internazionale” e, credo, per estensione su gran parte dei media classici vista la riduzione delle tariffe.
- Facebook è impostato su delle logiche basate sulla quantità più che sulla qualità dell’audience. Cercare di uscire da queste regole è molto difficile o, quantomeno, molto costoso. Detto in altre parole facebook è impostato sui suoi interessi, non su quelli degli investitori. Anche qui mi ricorda tanto le logiche della televisione generalista di una volta.
- Facebook vende agli investitori un grande mare di persone/teste/scalpi (scegliete voi il termine che preferite) su cui gettare le reti per poi fare la cernita una volta rientrati in posto. Fuor di metafora facebook è (può essere) una fonte di audience, che una volta agganciata, va “lavorata” con altri strumenti. Per questa ragione la comunicazione su facebook per essere efficace dovrebbe essere continua(tiva) e dovrebbe puntare a portare le persone in luoghi fisici, i supermercati Aldi ad esempio, o digitali, il sito aziendale, in cui fanno altri tipi di esperienze con la marca.
- Credo che attraverso facebook si possa lavorare sulla conoscenza della marca (awareness) e sul “reclutamento” di potenziali consumatori (vedi sopra), ma non molto sul posizionamento / reputazione della marca (lo so è il contrario di quello che dicevo nel 2016, ma gli anni passano e le cose cambiano).
- Facebook si presta poco ad operazioni spot.
- Con piccoli budget facebook è un mezzo ideale per campagne a livello locale (comune) di attività radicate sul territorio che vendono beni o servizi, soprattutto se sono in grado di sviluppare attività di database marketing.
Col senno di poi, di cui notoriamente son piene le fosse, avrei fatto la pagina su “L’Internazionale”. Forse perché sono un boomer, però non sono il solo vista la quantità di cantine che da dicembre in avanti hanno fatto pubblicità sulla rivista.