Quando il primo maggio ho scritto il primo post su questo argomento non prevededo una seconda puntata.
Poi però mi sono accorto che gli interessanti stimoli forniti dalle pubblicazioni dell’American Marketing Association, mi avevano fatto dimenticare lo spunto da cui originariamente avevo avuto l’idea di scrivere su questo argomento.
Lo spunto in questione è stata la notizia dello scorso 19 marzo secondo cui uno studio condotto dalla Coca Cola rilevava che il livello di buzz della marca aveva un effetto praticamente nullo sulle vendite a breve termine.
Ora al di là dei distinguo fatti dal management della Coca Cola già nel comunicare i dati della ricerca e dall’innegabile moda per cui molte aziende investono (investivano) in attività web, social, buzz etc.. senza darsi degli obiettivi precisi nè dotarsi di strumenti di misurazione dei risultati, la notizia mi è sembrata fin da subito una s…tupidaggine.
Per la serie le ricerche bisogna saperle scrivere ogni analisi deve essere realizzata con un obiettivo di ricerca relativo ad un’ipotesi sul fenomeno analizzato. E l’ipotesi che il buzz abbia un rilevante effetto sulle vendite a breve termine mi sembra, quanto meno, sorprendente.
Secon l’approccio, che a questo punto definirei classico, del Kotler il Promotion mix che compone la “P” di promotion delle “4 P” marketing è formato da pubbiclità (advertising), pubbliche relazioni (publicity), promozioni alla vendita (sales promotion) e vendita diretta (personal selling). I primi due strumenti hanno prevalentemente la funzione di fornire alle persone ragioni per l’acquisto mentre gli ultimi due svolgono la funzione di fornire incentivi all’acquisto.
E’ evidente che l’effetto di pubblicità e PR si realizza nel periodo medio-lungo mentre promozioni e vendita diretta agiscono nel breve.
Ora, mantenendo l’approccio per cui l’avvento del web ha influenzato prevalentemente le modalità operative del marketing e della comunicazioni, non i concetti, io assimilerei il buzz alle PR. Ecco quindi che scoprire che non c’è una forte correlazione tra buzz e vendite a breve termine non mi stupisce.
C’è poi l’altra questione della difficoltà di misurazione degli effetti delle diverse attività di marketing sulle vendite, soprattutto di quelle che hanno il compito di creare il posizionamento della marca, ossia una predisposizione favorevole da parte del mercato (a quanto ne so le tecniche quantitative più efficaci sono ancora le regressioni doppio log con le vendite come variabile dipendente e gli investimenti nelle varie attività di marketing come variabili indipendenti, analisi sui cui limiti non mi sembra il caso di entrare qui).
Restando a livello concettuale è chiaro che l’effetto di un taglio prezzo (promozione alle vendite) o di una attività di telemarketing (vendita diretta) è fortemente influenzato dalla conoscenza e dall’immagine della marca creata dalle attività di pubblicità e PR realizzate non solo nel momento in cui taglio prezzo e telemarketing vengono realizzati, ma anche nei periodi precedenti. La difficoltà però sta nel separare l’effetto di pubblicità e PR dal resto.
In Coca Cola ne sono ovviamente ben coscienti, come dimostra questo intervento di Wendy Clarck, Direttore di Comunicazione di Marketing integrata della Coca Cola.
Ma c’è un altro motivo per aspettare prima di cantare il de profundis della comunicazione (in senso ampio) sul web. In base alle ricerche condotte dalla Datalogix sulle campagne pubblicitarie realizzate su Facebook risulta che i banner pubblicati sulla colonna di destra del nsotro schermo hanno un ritorno che, nel 70% dei casi, è superiore di tre volte rispetto al costo dell’investimento. Secondo queste ricerche le modalità con cui agiscono questi banner sono assimilabili a quelle degli spot TV (si torna al modello teorico kotleriano classico).
Quelo che invece è sorprendente è che secondo questi dati non c’è alcuna correlazione tra l’efficacia della campagna banner ed il numero di clik sul banner stesso. E questo mette un forte dubbio sul Sacro Graal della misurazione dell’effecicia della comunicazione on line.
Consiglio vivamente di leggere il breve articolo sull’argomento pubblicato su l’Internazionale n. 993.
La prossima volta concludo le disquisizioni su occupazione e disoccupazione, promessa.