Se la settimana scorso il rischio di dire banalità era alto, con il titolo di oggi diventa una sicurezza. Se non altro, come dico da molti anni e sicuramente avrò già scritto in qualche post, le banalità hanno il pregio avere un gran fondamento di verità.
La prima, vera, banalità l’ha detta mio papà mercoledì sera a cena. Quando al telegiornale hanno riportato la notizia che in base all’indicatore di Confcommercio il calo dei consumi di gennaio porta i consumi al livello del 2004, il suo commento è stato “Perchè nel 2004 stavamo male?”. Ovvio che si tratta del commento di una persona anziana (quest’anno saranno 84) che confronta la situazione di oggi in una prospettiva quasi storica, probabilmente considerando più o meno consciamente è cresciuto in una casa dove non c’era praticamente niente di quello che ha oggi (telegono, televisore, lavatrice, riscaldamento, divani e poltrone, ecc..). Attenzione per i più giovani: non è che la sua fosse una famiglia povera, era una famiglia normale. Anzi abitando in città aveva più comodità di chi, la maggioranaza della popolazione, viveva in campagna.
Oppure più banalmente considera che stava meglio quando aveva solo 74 anni.
Ad ogni modo è una percezione probabilmente condivisa da un discreto numero di persone, considerando che gli italiani con più di 65 anni sono il 20,8%..
Al di là delle percezioni, quali sono i fatti?
L’indicatore Confcommercio a gennaio 2013 rileva consumi in calo a valore del 2,4% rispetto allo stesso mese dell’anno prima. Dato che porta la media mobile a tre mesi dei consumi allo stesso livello del 2004 (tecnicamente una cosa un po’ diversa da dire “i consumi sono tornati al livello del 2004″, ma la sostanza del discorso non cambia).
Disaggregando, i servizi hanno fatto -3,7% ed i beni hanno fatto -2%. Beni e servizi per la mobilità hanno fatto segnare -10,1%, alimentari-bevande-tabacchi -3,9%, abbigliamento e calzature -3,9%. In positivo, come già successo nel 2012, solamente i beni e servizi legati alle telecomunicazioni che hanno segnato un +5,7% sul gennaio 2012.
Un paio di banali considerazioni. Quante macchine ci possono stare ancora sulle strade italiane (perchè nei garages non c’è più posto già da tempo)? Nel 2010 (ultimo dato disponibile) in Italia c’erano 61 auto immatricolate ogni 100 abitanti, record europeo. Crisi economica o meno forse si poteva prevedere che il parco automobilistico italiano si sta avvicinando al livello di saturazione e quindi il mercato si sarebbe bloccato. Leggete questo articiolo sulla crisi del mercato dell’auto ed i relativi commenti, un esempio perfetto di miopia di marketing da parte degli operatori del mercato dell’auto. Come dice Bisio i politici sono espresione del Paese e quindi lo scollamento con dalla realtà riguarda ahimè tutte le classi dirigenti, non solo quella politica.
Evito il cerchiobottismo di citare i benefici relativi alla diminuzione dell’inquinamento, perchè non ho trovato dati chiari di correlazione, ma chi vuole farsi un’idea può guardarsi questo rapporto dell’OMS aggiornato al 2010.
Riguardo ai dati su alimentari-bevande-tabacchi, la categoria mi sembra un po’ troppo eterogenea ed allora faccio riferimento ad alcuni dati riportati nel numero di febbraio della rivista GDO Week:
- secondo i dati Istat la vendita di alimentari in valore nei primi 11 mesi del 2012 è calata dello 0,6% rispetto allo stesso periodo del 2011. Il discount però è cresciuto dell’1,6%. Di conseguenza il trende delle vendite a volume è migliore, però non ci sono dati quindi può essere calato meno, rimasto costante o, addirittura cresciuto.
- sempre da fonte Istat il dato che il peso medio degli italiani sta scendendo e nell’ultimo triennio il numero delle persone sovrappeso è calata dell0 0,5%. Effetto del fatto che si mangia meno e si cammina/pedala di più? E questi comportamenti quanto sono effetto della crisi e quanto di cambiamenti di stili di vita, anche per maggiore informazione sui mezzi di comunicazione come questi recenti esempi su Corriere e Gazzetta? Oppure anche in questo caso è una conseguenza degli andamenti demografici?
- secondo una ricerca SWG la metà dei consumatori italiani ha messo in atto strategie per ridurre gli sprechi, ma o nono sono abbastanza oppure non sono abbastanza bravi se si crede alle stime del Barilla Center secondo cui le famiglie italiane buttano il 35% dei prodotti freschi, il 19% del pane ed il 16% della frutta e verdura. E’ evidente che se riduco gli sprechi spendo meno senza consumare meno.
- secondo i dati di SymphonyIRI Group nel canale super-iper-discount sono in crescita farina, uova, burro, fette biscottate, caffè, miele, confetture. Un riscontro oggettivo delle ricerche che indicano un ritorno in cucina rispetto al passato (a furia di guardare gente che cusina in televisione e comprare milioni di libri di ricette…). Questa tendenza ha portato anche ad un aumento degli elettrodomestici da cucina, necessaria quegli 11 milioni di italiani che si preparano in casa regolarmente pane, yougurt, gelati, gelati, conserve, biscotti e dolci. Conseguenza della crisi economica o della voglia/ricerca di genuinità/sicurezza/relax/creatività? Attenzione che cucinare di più è anche un modo per ridurre gli sprechi. Emblematica questa ricetta di marmellata di bucce d’arancia di una vecchia amica ricercatrice diventata food blogger. E’ evidente che se compro gli ingredienti e cucino io la torta spendo meno rispetto a comprarla già fatta, senza ridurra i consumi.
- cucinare di più e sprecare di meno sono alla base anche del crescente numero di persone (pare che occasionalmente siano 7,7 milioni e regolarmente 3,7 milioni) che al lavoro mangiano un pranzo portato da casa. Anche qui quanto è l’effetto della crisi e quanto voler sapere cosa si mangia? Per tornare poi al post della settimana scorsa, il fatto di pranzare potendo scegliere ogni giorno tra 3 primi, 3 secondi, frutta e dolce è un lusso che ho sempre apprezzato come tale.
In conclusione mi sono reso conto che più o meno questi discorsi li avevo fatti già postati nel 2008 in due post intitolati “Sviluppo(?) sostenibile(!)” (li trovate qui e qui).
Questo conferma due cose:
- che probabilmente la crisi è strutturale perchè gli stessi fenomeni sono ancora in corso 5 anni dopo.
- che probabilmente i cambiamenti strutturali sono appena iniziati e non saranno nè facili nè semplici.
- che diventando vecchio mi ripeto.
Dopo i consumi, la prossima settimana analisi sugli effetti della crisi sulla produzione (e quindi sull’occupazione).
percezione più diffusa sembra comunque essere quella di insoddisfazione