La vita è tutta un budget (nel caso vi foste persi la pubblicazione su fb)

Ringrazio per l’ennesiam volta Pamela che mi ha rimesso in piedi il blog e pubblico il post scritto la settimana scorsa ed uscito sul mio profilo facebook per motivi tecnici

Prendo a prestito l’aggiornamento di stato della mia ex collega Elisa (uno delle persone che ho più stimato nella mia attività professionale) per alcune considerazione su come sono/dovrebbero essere cambiate le logiche di costruzione e gestione del budget di marketing al tempo della turbocompetizione e del big data.

La turbocompetizione ha aumentato l’incertezza e la velocità del cambiamento degli scenari relativi a fornitori, concorrenti e clienti/consumatori.

Big data (wikipedia in italiano non spiega molto) offre la possibilità di misurare quasi tutto, praticamente in tempo reale.

Questi due fattori dovrebbero portare ad un cambiamento sostanziale nella costruzione e gestione del budget marketing nella direzione della flessibilità.

Nella classica costruzione del budget si ipotizzano le attività necessarie alla realizzazione delle strategie, gli assegna una priorità strategica, se ne stima il costo e quindi si allocano le risorse. Se il conto economico di previsione, i cui ricavi sono basati sul budget di vendita, è in linea con gli obiettivi della proprietà dell’azienda (qualunque sia la forma societaria il discorso non cambia) il budget ha buone probabilità di venire approvato, viceversa viene ridotto. giusto o sbagliato che sia infatti, le risorse per far quadrare il bilancio vengono attinte (quasi) sempre dal budget di marketing. Piccolo inciso: anche quando i budget di vendita e di marketing sono preceduto da un confronto tra le due funzioni (e non sempre avviene, oppure il confronto è superficiale per mere questioni di tempo) la logica prudenziale che deve, giustamente, guidare un budget porta calcolare il bilancio di previsione sulla base dell’ipotesi di vendita minima e di spese di marketing massime. Il conseguente rischio di inutile riduzione delle spese di marketing con conseguente minor sostegno alle vendite ad al brand/corporate equity (circolo vizioso), sono evidenti. Specialmente nella turbocompetizione di cui si diceva poco sopra.

La soluzione è la costruzione di un budget che alloca alle diverse attività solo una parte delle risorse complessive, per andare man mano ad allocarle su quelle azioni che, grazie all’uso del big data, si dimostrano più efficaci ed efficienti rispetto agli obiettivi, eventualmente anche eliminando attività già previste, ma che si dimostrano invece fallimentari (o inferiori alle aspettative).

Uovo di Colombo? Più o meno. Questa soluzione implica alcune cose (partendo da valle e andando a monte:
1) la capacità aziendale di acquisire ed analizzare i dati dall’ambiente (parlare di mercato rischia oggi di essere riduttivo);
2) la presenza in azienda di un sistema informativo/controllo di gestione in grado di trasmettere le informazioni ottenute dall’analisi a tutte le funzioni/persone responsabili della realizzazione del budget, con una frequenza maggiore rispetto al classico Revised di giugno e Forecast di settembre (è risaputo che nel controllo di gestione si parla inglese);
3) l’identificazione dei diversi aspetti e passaggi della strategia in modo da identificare i parametri che indicano il livello di efficenza ed efficiacia delle diverse attività, con le relative metriche. Non basta dire dove vogliamo arrivare, ma serve anche definire il percorso per poter verificare se siamo sulla strada giusta.

Lascio ad ognuno valutare quale di queste cose è la più difficile nella sua realtà.

Ricordo solo che è meglio un budget approssimativo che nessun budget perchè, come dimostrava una ricerca che ho letto nel 1994, per raggiungere i propri obiettivi bisogna innanzitutto definirli.