Un post estivo che parla di bibite ci sta. Guardare poi cosa fa la Coca Cola per chi si occupa di marketing è doveroso prima ancora che interessante (o viceversa) come ho già detto più volte in questo blog. I numerosi link non li metto, se siete curiosi basta che digitiate “coca cola” nell’apposita casella “search” e scoprirete che gli ultimi 2 post erano, se non negativi, critici.
Potrei quindi dire che non c’è due senza tre, perchè anche oggi mi trovo perplesso davanti alla strategia della comunicazione messa in atto da Coca Cola.
Comincio dalla fine, perchè i dubbi sono cresciuti quando l’altro giorno ho sentito il nuovo spot radio, che cito a memoria perchè non trovo sul web da nessuna parte.
Un ragazzo entra in un bar e si rivolge al “suo” barista, che si autodefinisce immediatamente come suo “confessore”, con il quale si confronta sulle sue (dis)avventure sentimentali: “E’ quella giusta?”, “Sì anche questa è quella giusta”. Nello spot viene spiegato come servire una Coca Cola “tre cubetti di ghiaccio, una fetta di limone” e si invita cercarla “nei migliori bar”, nel “nuovo formato in vetro”. Tutta l’atmosfera è da american bar d’antan, con il bar di fiducia a rappresentare un centro di gravità permanente in cui i (ri)trovarsi, sicuri di poter contare sul proprio fratello maggiore-barman (termine fintamente inglese che si usa solo in Italia) e dell’uso di mondo che ha acquisito in tanti anni dietro al bancone nel (ri)affrontare con fiducia le piacevoli sfide della vita.
Detto in sintesi è una spot che (forse) potrebbe andare bene per la vodka Grey Goose. Vederlo utilizzato per la Coca Cola è per me stupefacente.
Ho capito che la Coca Cola sta vivendo una crisi di consumi, soprattutto sul mercato USA, ma davvero si è così indebolita che serve spiegare nello spot radio come servire una Coca Cola? Che poi risulta ovviamente banale: ghiaccio e limone.
Per lo stesso motivo suona strano l’invito a cercarla “nei migliori bar”: la forza della Coca Cola è che è OVUNQUE ed è sempre lei INDIPENDENTEMENTE dal livello del locale in cui è servita.
Anche il “nuovo formato in vetro” è un’affermazione che stride perchè per la grandissima maggioranza dei consumatori al bar la Coca Cola è sempre stata in vetro e, piuttosto avevano sopportato il cambiamento alla bottiglia di plastica come inevitabile cambiamento dei tempi (comunque dalla mia esperienza personale il vetro da 20 cl non è mai completamente sparito dal mercato).
Queste le cose più macroscopiche. Con un’analisi più sottile/approfondita vale la pena notare che lo spot appare segmentante sia in termini di tipologia di punto vendita che di consumatore, in contrapposizione (o quanto meno con inversione di tendenza) rispetto all’universalità che caratterizza la Coca Cola almeno da 30 anni, se non di più.
Il “bar di fiducia” infatti è solo una delle tipologie di punto vendita in cui si acquista/consuma la Coca Cola. Lo spot quindi esclude, chioschi, pizzerie, distributori automatici, ecc..
Peggio ancora la connotazione fortemente maschile del target, quasi sessista, data dallo spot.
Per principio non credo che siano scelte casuali, ma per onestà intellettuale fatico a vederci dei vantaggi nel posizionamento a medio-lungo termine.
La mia perplessità sulle strategie di comunicazione della Coca Cola sono aumentato quando, per cercare lo spot radio, sono andato sul sito e sfogliando la home ho trovato nella sezione “Da non perdere” lo spot “mangiamo insieme” dello scorso gennaio (che personalmente non avevo mai visto prima), ma non quello “Bacia la felicità”, in onda dallo scorso aprile per lanciare la promozione estiva 2015 con i nomi da baciare sulle etichette delle bottiglie e sulle lattine.
In realtà le due strategie “Mangiamo insieme” e “Bacia la felicità” godono ognuna di una sezione specifica nel sito di Coca Cola Italia, ma lo spot della prima è anche in home page, mentre quello della seconda più recente, no.
E volendo dirla tutta anche la campagna “Bacia la felicità” non mi è sembrato il massimo della strategia. Criticità del lancio con le PR digitali a parte (qui il mio post a riguardo) è comunque una versione più debole della BELLISSIMA campagna “Condividi una Coca Cola” del 2013.
Perchè più debole? Perchè il concetto “Dai un bacio a …” di quest’anno è comunque più “stretto” rispetto al “condividere”. Tutti vogliono/possono sempre condividere, non tutti possono/vogliono sempre baciare.
Secondo me valeva più la pena ripetere pari pari la campagna “Condividi una Coca Cola” facendolo diventare un appuntamento estivo.
Tutti questi ragionamenti pongono una domanda, per me, da brividi: la Coca Cola sta seguendo una rotta strategica o segue tatticamente il vento? E se ha una strategia, quale mai sarà?
Domande sufficienti per un’intera estate, ci vediamo (probabilmente) dopo ferragosto.