Se negli ultimi giorni avete guardato in TV le partite dei campionati europei di calcio, forse avrete notato che nei tabelloni pubblicitari di bordo campo riservati agli sponsor della manifestazione c’è un marchio che non si “vede”, ma si percepisce.
Mi riferisco a Carlsberg.
Immagino che a causa della legislazione francese che impedisce di fare pubblicità ai prodotti alcolici, il messaggio che scorre in due momenti separati è “Probably” + “the best in the world”.
Quindi non solo non si vede il marchio Carlsberg, ma non viene citata nemmmeno la parola birra.
Eppure i codici grafici dei colori e dei caratteri utilizzati creano un legame che richiama immeditamente a Carlsberg.
Anche nel caso in cui una persona non abbia quella familiarità tale con il marchio da riuscire a ricordare/associare chiaramente e direttamente la pubblicità negli stadi con Carlsberg (io per esempio non sono un consumatore di birra), la coerenza grafica è tale da stabilire il legame non appena si venga esposti al marchio.
In altre parole la pubblicità di Carlsberg negli stadi sta comunque costruendo conoscenza e posizionamento del marchio.
L’esempio di Carlsberg che riesce a comunicare il marchio anche senza mostrarlo dovrebbe far riflettere tutte le aziende (organizzazioni) sull’importanza di investire nella definizione dell’identità di marca, intesa come combinazione tra il positioning statement / mission / claim e sua coerente rappresentazione grafica.
Troppo spesso il logo viene vissuto e gestito come una mera questione grafica, invece è un’essenziale questione di marketing (spero che gli affezionati lettori di biscomarketing dopo tanti anni non abbiano difficoltà a capire la differenza implicità nell distinzione semantica).
Troppo spesso le aziende (organizzazioni) sottovalutano l’importanza di queste fondamenta della marca; ci dedicano poco tempo e poche risorse economiche ricorrendo a soluzioni “casalinghe” per l’analisi dell’identità e per la sua rappresentazione. Un logo non è (solo) estetica, è (soprattutto) la raffigurazione della brand identity. Se la rappresenta male, parzialmente o, peggio, in maniera sbagliata, questo si ripercuoterà sulla costruzione della percezione del marchio.
La definizione chiara, univoca ed unica della proposta della marca è solo la condizione necessaria per la costruzione di un marchio forte.
La condizione sufficiente che permette a Calrsberg di comunicare il marchio anche senza mostrarlo è la COSTANZA nell’utilizzo dei codici e dei concetti di comunicazione.
Se Carlsberg avesse cambiato frequentemente il carattere del logo e/o i codici colore e/o il claim che sintetizza il positioning statement non sarebbe riuscita a creare quella riconoscibilità che oggi gli ha permesso l’operazione pubblicitaria negli stadi francesi.
Purtroppo, come credo di aver già ricordato, la funzione marketing nelle aziende (organizzazioni) è naturalmente portata a cambiare gli elementi della marca con troppa frequenza (diciamo ogni 3/5 anni).
Questo perchè la funzione marketing in azienda ha il compito di portare novità / scoprire “the next big thing” e vive quotidianamente la marca, quindi è portata a ritenerla superata / già vista molto prima del mercato.
Viceversa le persone (consumatori) vedono la costanza e la coerenza come elementi di solidità, credibilità e forza.
Questo significa che nella getione delle marche si è prigionieri dell’immobilismo?
Certamente no. In parte ho già affrontato la questione nel 2009, quando chiedevo (retoricamente) “Il posizionamento della vostra marca è davvero così stretto?”
Poi c’è la questione della gestione della marca in una logica di evoluzione vs. rivoluzione.
In oltre vent’anni di professione mi sono trovato a gestire marche sia in una logica di rivoluzione, cambiando (quasi) tutto perchè c’era poco da salvare che di evoluzione.
Quand’è che si capisce che un’evoluzione di una marca è stata fatta bene? Quando il consumatore vedendo la nuova immagine non dice “Hanno cambiato qualcosa”, ma dice “Non me la ricordavo così bella/buona/fresca/ricca/elegante/ecc…” (dipende da quali valori vogliamo trasmettere).
Godetevi gli europei e …. forza Azzurri.