L’engagement dei post su facebook è superiore a quello della pubblicità classica? Non credo proprio.

Mercoledì scorso il sempre interessantissimo sito DataMediaHub ha analizzato i dati sull’utilizzo dei social in Italiapubblicati nel rapporto annuale di Hootsuite e We Are Social Quelli mi hanno colpito di più sono quelli relativi al coinvolgimento (engagement) generato dai post di facebook che vedete riportati nell’infografica qui sotto.

Tassi-di-Engagement-Facebook
Considerato che Facebook, insieme a Google, è diventato uno dei principali medium su cui le aziende investono in comunicazione grazie alla sua (presunta) efficacia, la domanda che mi sono fatto è: davvero la pubblicità classica (stampa, affissioni, radio e anche TV, che è probabilmente il medium più freddo) ha dei livelli coinvolgimento inferiori?
Visti i bassi numeri di facebook mi sento di credere che il coinvolgimento creato dai media classici sia almeno equivalente, se non superiore. Soprattutto considerando che nell’audience raggiunta da facebook c’è un certo di numero di persone che appartiene alla base dei fan della pagina, e quindi ha già una certa relazione con la marca, e che la targetizzazione dell’audience a cui rivolgersi su facebook può essere mirata con molta maggior precisione, rivolgendosi così a persone che potenzialmente hanno un maggior livello di affinate e di interesse nei confronti del messaggio.
Purtroppo non ho una risposta certa, perché sui media classici non ci sono strumenti per misurare il coinvolgimento delle audiences raggiunte dal messaggio con la stessa precisione che esiste per i social media.
Nella definizione della pianificazione pubblicitaria la possibilità o meno di misurarne l’attenzione e/o il coinvolgimento da parte delle persone esposte al messaggio non è secondaria, perché si andranno a preferire i medium di cui è possibile controllare meglio le performances.
Il problema esisteva già con i media classici, per cui le agenzie di pubblicità ed i centri media tendevano ad essere restii a pianificare l’affissione (cartelloni pubblicitari fissi, totem, cartelloni pubblicitari sugli autobus, ecc…) in quanto gli indicatori di perfomances della campagna erano meno precisi rispetto, ad esempio, a quelli della TV (non starò qui a fare un’analisi critica dell’auditel come strumento di misurazione delle perfomances della pubblicità).
Detto in altre parole se il contro media deve pianificare una campagna che raggiunga una determinata percentuale delle persone che appartengono all’audience obiettivo (reach) con una certa frequenza (frequency), quindi un determinato livello dei cosiddetti GRP (Gross Rating Point = Reach x Frequency; Kotler in realtà ci aggiunge anche l’Impatto, e non è un’aggiunti da poco, ma non è il caso di parlarne qui), preferirà utilizzare radio, stampa e TV perché di questi riesce a misurare i GRP con maggiore affidabilità.
Il punto però è che i fenomeni si verificano indipendentemente dalla nostra capacità di misurarli. Voglio dire che anche se non riesco a misurare con precisione i GRP dell’affissione, questa pubblicità avrà comunque un effetto sulla percezione della marca da parte delle persone che la vedono.
E se l’efficacia dell’affissione è maggiore, ad esempio, di quella della TV in realtà sto pianificando peggio la mia campagna.
Ma come faccio a saperlo?
E’ necessario fare una riflessione sulle metriche che si utilizzano per misurare l’efficacia delle campagne pubblicitarie.
Dall’avvento dei social networks spesso si distingue tra metriche di vanità (vanity metrics) e metriche di risultato (performances metrics), dove nelle prime si considerano il numero di followers, fan, ecc… e nelle seconde il numero di likes (che però qualcuno considera “vanità”) i commenti, le condivisioni, i click ai links, ecc…
Questa distinzione si faceva, pur con meno indicatori, anche per i media classici, ma in realtà la differenza tra metriche di vanità e di risultato non è qualitativa come invece considerano in molti.
Dal seguire una pagina a cliccare sul link di un post per entrare in un sito c’è un continuum lungo il quale il livello di coinvolgimento aumenta, e chi condivide un post di facebook deve essere prima un fan della pagina. Vero che i percorsi non sono sempre così lineari oppure i passaggi possono essere più accelerati, ma questo si verifica soprattutto per l’effetto della comunicazione che la marca fa sugli altri media (vedi il mio post “Quanto vale un fan di facebook?”).
Quello per cui facebook è sicuramente più efficace rispetto alla pubblicità classica è, ovviamente, nel generare direttamente delle vendite facendo arrivare le persone alle pagine di vendita dei negozi on-line (indifferente se di proprietà della marca o meno).
Ma questa è un’altra storia, di cui parlerò la prossima settimana.

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