Seconda puntata dai miei appunti del convegno che alle prima 3 righe riportano:
“oggi l’azienda non tenta di concludere vendite ma di creare consumatori”;
“c’è correlazione tra quanto le aziende/marche sono amate e la loro redditività”;
“le aziende più amate spendono meno in pubblicità delle altre perchè la pubblicità la fanno i consumatori”.
A parte che non crederò mai che il marketing o l’azienda possa creare mercati o consumatori nemmeno se lo sento dire da Kotler, è (credo perchè il libro non l’ho letto) il concetto di lovemarks formalizzato da Kevin Roberts, CEO Worldwide of Saatchi & Saatchi.
Il fatto che spendano meno in pubblicità però non mi sembra particolarmente rilevante (visto che non lavoro per un’agenzia, ne per un centro media). La vera questione è se spendono meno in comunicazione e questo non mi sentirei di sottoscriverlo perchè per essere amate queste aziende spendono molto in PR.
Il buon Domenico dopo aver letto il post precedente sul convegno concorda nella perdita di strategicità del marketing di fronte all’evidenza che l’attività di ufficio stampa si sta spostando sempre più spesso dalla responsabilità dell’Alta Direzione a quella del marketing. Io credo però che questo non significhi necessariamente perdita di strategicità quanto spostamente dell’uso delle PR dalla comunicazione istituzionale o corporate a quella di marca.
Che si tratti di comunicazione on line, guerrilla o PR classiche è solamente, permettetemi, un tecnicismo. L’essenza è che la necessità di aumentare la RILEVANZA del messaggio ha spostato risorse verso le fonti di comunicazione intrinsecamente più credibili.
Per quanto autorevole sia la fonte (e come massimo dell’autorevolezza non ho problemi ad indicare il peer-to-peer) l’efficacia dipenderà sempre dal contenuto e per determinare la validità dei contenuti è cruciale il “consumer insight”, definito da Kotler “the new word in today marketing”.
Ma di questo ne parliamo alla prossima puntata.
Buona notte.