Ok il post di oggi è facile perchè il futuro delle distribuzione l’ho già presagito quando ho cambiato 2 delle 4 P del marketing, ribattezzando la “distribuzione” in “presenza” (qui il link al post del 19 maggio 2013, tempus fugit).
La distribuzione del futuro sarà quindi basata sulla presenza dei prodotti/servizi nei luoghi fisici e/o virtuali dove sono presenti i (potenziali) consumatori.
Gli esempi di scaffale virtuale parlano al presente (avanzato per carità) più che al futuro, visto che le esperienze di Tesco nelle stazioni della metropolitana in Sud Corea e Peapod a nelle stazioni del trasporto pubblico di Chicago sono rispettivamente del 2011 e del 2012.
Più che di ispirazione, siamo oramai nella fase di valutazione dei risultati ed adattamento della tecnologia per la sua diffusione, come spiega questo articolo sul cammino fatto da Tesco su questa strada.
La rivoluzionarietà del concetto è sintetizzata nella dichiarazione di Mike McNamara, group CIO di Tesco: “Il merchandising virtuale ci permette di caricare scaffali virtuali con prodotti virtuali semplicemente premendo un bottone. Non dovendo più fare il laborioso processo di allestire fisicamente nuovi assortimenti, adesso possiamo provare INFINITAMENTE più combinazioni di assortimenti e formati. Per i nostri clienti questo significa che possiamo adattare gli assortimenti dei nostri negozi alle richieste locali ed allo stesso tempo mantenere un’ottima gestione del planogramma, necessaria per avere un’operatività efficiente.
Visto che ultimamente ho letto da più parti che l’evoluzione verso la società digitale sta indebolendo il concetto di “marca”, mi sembra utile sottolineare come la riconoscibilità ed il significato valoriale della marca siano cruciali in una situazione di scaffale virtuale. Bisogna però essere marca, come scrivevo lo scorso 24 agosto , perchè solo a chiacchere e distintivo non si va molto lontano.
Bene: sono in giro per i fatti miei, trovo uno scaffale virtuale, ho 5 minuti per fare la spesa, guardo i prodotti che mi interessanoe confermo l’acquisto facendo l’occhiolino. Poi come faccio ad averli fisicamente?
Ho già detto che non sono così convinto sul proliferare dei droni. E’ più una cosa di pelle, ma se devo cercare di razionalizzare forse è perchè il drone funziona se il cliente è in uno spazio preciso e facilmente accessibile (poi è sicuro che da qui al 2024 i droni saranno in grado di aprire le porte “digitando” la password a distanza).
Il futuro della società invece secondo me vedrà un aumento di mobilità. Questo apre l’opportunità ad intercettare il cliente nei sui percorsi che fa per i suoi scopi personali. Tesco, ancora loro, l’hanno capito e sono stati i primi ad organizzare un e-commerce su larga scala che prevede la possibilità di ritirare l’ordine in un punto vendita a scelta. Non sono costretto a stare a casa ad aspettare la consegna, sulla strada di casa passo a raccogliere l’ordine che ho fatto virtualmente. Le ricerche prima, ed i risultati poi dimostrano che circa il 50% delle persone preferisce questa formula a quella della consegna a domicilio.
Si sfruttano di più gli spazi fisici del negozio, dove la funzione di “deposito” diventa preminente su quella di esposizione della merce e si utilizza il personale, meno impegnato nella gestione degli scaffali. Come fossero tanti Amazon aperti al pubblico.
Per tutto quello acquistabile e fruibile on-line il concetto è il medesimo: non sarà il cliente ad andare nel negozio, ma il negozio ad andare dal cliente. In questo caso senza neanche i problemi di logistica per la consegna.
L’autentica realizzazione del regno del consumatore, liberato dalla schiavitù di dover ANDARE a fare la spesa.