Premessa n.1: questo è il primo di alcuni post sull’argomento (me ne frullano in testa altri 2).
Premessa n.2: il titolo potrebbe essere stato più efficacemente “leadership ed etologia” perchè per me “leadership” è un sinonimo di “gestione del personale”, però così mi sembrava più chiaro.
Premessa n.3: alcuni dei concetti che scriverò li ho già usati nel mio lavoro e quindi so che c’è il rischio che qualcuno si offenda ad essere paragonato ad un animale. Chiedo scusa fin da subito e segnalo che i centri emotivi del cervello sono tra le parti più antiche dell’organo (se non ricordo male). E comunque Desmond Morris l’ha detto molto prima e molto meglio di me.
La mia conoscenza di alcuni concetti di etologia proviene dagli studi di produzione animale. Da molti anni quindi ho utilizzato uno dei più elementari relativamente al comportamenti dei gruppi sociali.
Esempio 1: ogni scrofa (termine tecnico) partorisce 8-10 suinetti per volta e questi vengono svezzati dopo 4 settimane, unendo due nidiate. Nei primi due giorni dopo che sono state unite le due nidiate si assiste ad una perdita di peso dei suinetti semplicemente perchè smettono di mangiare. E smettono di mangiare perchè sono impegnati a ristabilire le gerarchie all’interno del nuovo gruppo.
Esempio 2: nell’allevamento di vacche (anche questo è un termine tecnico, ho visto uno studente sotto esame perdere due punti per aver detto “mucca”) da latte a stabulazione libera (significa che non sono chiuse in stalla, ma girano libere all’interno del recinto) bisogna evitare mandrie superiori ai 40 capi perchè oltre questo numero non si riescono a stabilire gerarchie chiare all’interno della mandria e quindi la produzione di latte si riduce. Detto in altri termini gli animali sono continuamente in tensione per stabilire una scala gerarchica, che non riesco però a fissare a causa dell’eccesso di interazioni che devono gestire. E l’animale stressato produce meno, sia perchè mangia meno sia perchè consuma energie nervose nella gestione dei rapporti sociali.
Tanti, tanti anni fa, quando ero bambino, il jingle della pubblicità dei formaggini Milkana (mai mangiato uno) diceva “dove il pascolo è più alto, l’erba è verde-verde-verde, dove l’erba è verde-verde-verde c’è la mucca più felice, se la mucca è più felice è migliore anche il suo latte. Beh, forse i creativi di quella volta avevano in mano delle ricerche o magari gli è semplicemente piaciuto il concetto, però è assolutamente e scientificamente vero! Da qui potrei partire un una lunga digressione sulla gestione dell’allevamento di vacche da latte, e come questa sia più efficace quando in stalla ci sono delle donne, ma cerco di mantenermi nell’ambito del marketing.
Ricordo lo stupore e l’ilarità di alcuni colleghi quando raccontavo l’esempio delle vacche da latte (anche se so che il mio amico Michael Kennedy della Drambuie ne è rimasto talmente colpito da diffonderlo).
Immaginatevi il mio stupore quando 7 anni fa, quindi molto dopo la mia laurea in produzioni animali, ad un corso internazioanle sulla gestione dei gruppi di lavoro mi hanno spiegato che un gruppo di persone passa per 4 fasi: FORMING – STORMING – NORMING – PERFORMING.
Senza offesa per nessuno mi chiedo: cosa c’è di diverso rispetto al gruppo di lavoro della vacche da latte?
Una differenza c’è e sta nelle sovrastruttura delle convezioni sociali che abbiamo noi umani, e che (probabilmente) manca negli animali.
Mi spiego: quando si mette insieme un gruppo di animali (forming) questi naturalmente si confronteranno (storming), definiranno le scale gerarchiche confrontandosi sui comportamenti (norming) ed a questo punto potranno produrre un risultato (performing).
In un gruppo umano manca l’automatismo e la relazione diretta tra intenzioni e comportamento. E’ quindi cruciale creare nel gruppo la serenità necessaria perchè la fase di storming sia la più completa ed approfondita possibile, evitando di lasciare zone d’ombra o come si dice in inglese “girando tutti i sassi”. Viceversa il norming che ne scaturisce non riuscirà a contemplare tutte le situazioni ed aspettative, mettendo a rischio il performing.
L’altra differenza tra i gruppi animali e quelli umani è che nei primi il leader viene identificato attraverso un processo di confronto spontaneo e naturale mentre nei secondi viene nominato formalmente. Poichè confrontarsi all’interno di un gruppo ha sempre un costo emotivo, non è detto che la fase di storming si sviluppi con la necessaria chiarezza e completezza per passare efficaciemente a quello successive. Ecco perchè questo rischio va ridotto creando la massima serenità all’interno del gruppo per minimizzare il costo emotivo del confronto.
Nel prossimo post spazio ai (miei due) cani.
Ciao Lorenzo è un piacere leggere le tue riflessioni.
Un cordiale saluto
rosanna
Sono d’accordo: la serenità è elemento fondamentale per produrre buoni risultati. Soprattutto se accompagnata dalla giusta tensione che scaturisce dall’interesse per il lavoro da svolgere e dalla capacità del leader di promuovere ed incoraggiare le buone performance (ma immagino che questi temi saranno oggetto di prossimi post sui quali avremo sicuramente modo di confrontarci).
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