Chiuso per Vinitaly.

In realtà quest’anno ho fatto il signore e non ero a Verona. Però ci vado domani ed avevo un po’ di cose da preparare (tra cui l’orto e la semina dell’erba).

Domani però su Vinix esce un pezzo su alcuni limiti (mentali) del vino italiano esemplificati in due frasi che ho sentito al Prowein.

Questa volta non mancherò di linkare.

Alla prossima.

Cosa fa preferire un vino piuttosto che un’altro e un po’ di info sul produzione e consumo del vino biologico.

Fiere da visitare, bilanci da presentare, articoli da scrivere: alla fine chi ci rimette è sempre questo povero blog.

Mi sa che dovrete accontentarvi dei link a quello che ho pubblicato di recente su Vinix, che però è interessante:

Perchè le persone preferiscono alcuni vini rispetto ad altri” e “Vino biologico: produzione e comportamenti di consumo nel mondo

Tra un po’ arriva anche il Vinitaly, uffa!

“Vivere il vino in armonia”, fatti non parole.

Premessa: questo post è (in parte) un post di autopromozione perchè è un post dove spiego un’operazione di marketing strategico e tattico che stiamo realizzando al Feudo di Santa Tresa, azienda viti-vinicola di Vittoria per cui lavoro.
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Se la cosa non vi piace, liberissimi, fermatevi qui e arrivederci al prossimo post.

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Food for thougth: il marketing del cielo azzurro e l’estetica di Chained To The Rhythm.

china blue sky

Nell’articolo di Slavoj Zizek sull’ultimo “Internazionale” leggo che al normalizzazione del fortissimo inquinamento a Pechino ha portato alla nascita di agenzie specializzate nell’organizzazione di escursioni  in campagna dove si può ancora vedere il cielo azzurro.

Dello smog di Pechino ho esperienza diretta, ma dell’effettiva offrta di queste escursioni non sono riuscito a trovare conferma. Magari perchè il mio mandarino è nullo.

Comunque mi fa pensare che il classico esempio dell’aria come bene NON economico perchè risorsa non scarsa forse dovrebbe essere rivisto.

Mi fa anche pensare che dopo le piste da sci artificiali indoor , ci possono essere opportunità per campagne indoor con garanzia di cieli azzurri ed aria pura, opportunamente filtrata.

Sottilineo che non dò giudizi di merito, è una mera associazione di idee che nasce dall’osservazione di quanto succede nelle società più di “frontiera”.

Altra cosa che mi ha colpito questo week end è il nuovo video di Katy Perry (che resta comunque una delle ispiratrici del mio concetto di Marketing Totale). Se non l’avete visto questo è il link https://www.youtube.com/watch?v=8gsGhdZDC-0

Non saprei se coglie una tendenza (agli inizi) come il lyric video di Roar oppure se la determinerà, ma sarò curioso di vedere se l’estetica del video si diffonderà. Tra l’altro sembra perfetta per il merchandising ai kidults (se l’idea del marchio di bojoux Kidult non era quella di fare un neologismo, lo propongo io).

Concludo con una domanda: ma davvero Katy Perry con quasi 96 milioni di follower su twitter ha bisogno di pubblicizzare il lancio del nuovo disco con i cartelloni pubblicitari?

O2O trend (tendenza online-to-offline).

Biscomarketing vede e prevede.

Il 15 settembre 2014 scrivevo che nel 2024 (data presa come riferimento del futuro per una serie di interviste fatte da Marketing News a vari guru del marketing) “non sarà il cliente ad andare nel negozio, ma il negozio ad andare dal cliente”.

Una previsione che risultava sostanzialente dal ragionamento speculativo sulle conseguenze del cambiamento di visione della distribuzione come Place alla distribuzione come Presenza che avevo elaborato il 19 maggio del 2013 e che mi avevo organizzato ed articolato un anno dopo nel concetto di Marketing Totale, insieme al cambiamento della “P” di Promotion in Percezione (i link ai vari post non li metto, li potete facilmente trovare con la funzione di ricerca nel blog)

Questa nuova pre – visione della funzione distributiva aveva già trovato una conferma nel progetto Amazon Go di punto vendita senza casse, di cui avevo parlato tempo fa.

Adesso leggo Meininger’s Wine Business International di dicembre 2016 che:

- in Cina nel 2015 è cominciata la tendenza O2O, o Online to Offline revolution (essere stato più avanti dei cinesi un po’ mi fa piacere, un po’ mi fa paura).

- I due principali siti cinesi di vendita di vino on line, Yesmywine e 1919, hanno in programma per il 2017 di aprire dei negozi fisici per poter raggiungere ed essere raggiunti più facilmente dal consumatore (tenete presente che oggi Yesmywine è in grado di garantire la consegna nello stesso giorno degli ordini on line nelle maggiori città cinesi).

- In particolar modo 1919, che ha già 1.000 negozi fisici sparsi per la Cina, prevede di arrivare a 120 negozi nella sola Shanghai per la fine del 2017. In questo modo contano di raggiungere l’obiettivo di consegnare il prodotto tra i 19 e 30 MINUTI dopo avere ricevuto l’ordine.

Registrato il fatto mi vengono in mente almeno due corollari:

1) Per osservare i futuri trend di marketing conviene guardare alla Cina. Sarà pure capitalismo di stato, ma, nella mia esperienza, è uno dei più competitivi. Da una parte ci sono consumatori con aspettative (di servizio) elevate, dall’altra aziende che di fatto possono operare con la massia libertà da vincoli legali e/o sociali. Moltiplicate tutto con l’immensa dimensione del mercato e capite quanto premiante sia riuscire ad avere un vantaggio competitivo, anche piccolo, rispetto ai concorrenti.

2) L’e-commerce è e sarà sempre di più un lavoro da professionisti. Giustamente. Quindi le aziende che vogliono gestire direttamente il proprio e-commerce saltando gli intermediari commerciali è bene che valutino bene il valore della loro proposta per i loro consumatori obiettivo, che si dotino delle competenze e strumenti adeguati e si preparino ad un ambiente competitivo estremamente darwinistico.

L’importanza del servizio post-vendita: richiesta pubblica di assistenza Microsoft.

Era il 1989 o forse il 1992 (comunque qualche era geologiche di marketing fa) quando ad uno dei corsi che seguivo il docente aveva sottolineato l’importanza dell’assistenza post-vendita.

Prima della commoditizzazione, prima del low cost si sapeva che l’esperienza con la marca (quella volta neanche si diceva così) non si esaurisce con l’acquisto del prodotto, ma prosegue fino alla fine della sua durata fisica o economica.

Allora perché la grandissima maggioranza delle aziende continua a gestire l’assistenza post vendita come un male necessario (bene che vada).

Lo scorso ottobre ho rinnovato il mio abbonamento a Microsoft Office 365 Personal, perché con l’evoluzione della società e del mercato le cose non si posseggono più come una volta ma si affittano quando serve. 69 euro di abbonamento annuale.

Verificando l’estratto conto della carta di credito mi sono accorto che l’importo era stato addebitato due volte a distanza di pochi giorni. Segnalata la cosa alla banca. Risposta: entrambe le operazioni sono state autorizzate e quindi loro non potevano fare alcun rimborso.

Forse in un periodo di particolare delirio quotidiano ho fatto due volte la sottoscrizione. Poco male: mi hanno fatturato solamente un abbonamento, quindi in Microsoft deve risultare un pagamento aperto.

Contatto l’assistenza via chat, che preferisco di gran lunga al telefono.

E qui c’è già la prima stonatura: l’assistenza via chat è solo in inglese, malgrado io sia residente in Italia ed abbia comprato l’abbonamento al programma in italiano e quindi non è che sia tenuto a sapere l’inglese.

Comunque lo so, e quindi non faccio tanto il pignolo. Chatto con un operatore molto cortese che non mi risolve niente e mi chiede di mandare tutta la documentazione (non che avesse molto idee di quali documenti servissero e della burocrazia bancaria italiana).

Dopo due giorni mi scrive che “he elevated my to an higher level of assistance” e dopo qualche altro giorno mi chiama un numero di Milano a cui parla un’operatrice probabilmente indiana dall’accento del suo inglese. Ci mettiamo un po’ a capirci sia per i reciproci accenti, sia perché anche lei non ha molto idea di come funzionino le cose.

Cerco di spiegarle che in relatà la situazione è semplice: loro hanno ricevuto due pagamenti per l’abbonamento a Microsoft Office 365 Personal a distanza di pochi giorni (vede estratto conto della crata di credito allegato, ovviamente in italiano), ne hanno fatturato solo uno (vedi loro fattura allegata) quindi devono restituirmi 69 euro.

Passano un paio di settimane, mi richiama sempre la stessa operatrice, mi dice che al mio account non risulta nessun importo aperto e mi richiede gli stessi documenti.

Dopo altre due settimane mi scrive che hanno risolto la questione della mancata indicazione della mia partita iva nelle loro fatture (era due anni che ci provavo, ci avevo oramai rinunciato, ma visto che avevo in ballo la questione del rimborso ho approfittato). Niente riguardo alla richiesta di rimborso.

Ho fatto passare un altro po’ di tempo, anche perché nella vita avrei altro da fare che stare al telefono con l’assistenza Microsoft dall’altra parte del mondo, ed ho mandato una mail di sollecito.

Sto ancora aspettando.

A questo punto mi restano due domande:

-          Possibile che Microsoft non abbia nessun servizio di assistenza ai clienti in italiano? Siamo un mercato così marginale?

 

-          Perché non passo a Open Office?

La forza dell’astrazione ed i rischi dell’assurdo (nel marketing).

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Mercato Markthal di Rotterdam, progettato dallo studio MVRDV a cui appartiene l’architetto Winy Maas.

Recentemente mi sono dedicato in modo particolare a ragionare sull’impostazione della marca, visto che dovevo tenere due giorni di lezione su questo argomento alla Scuola di Specializzazione in marketing del vino.

Di conseguenza mi sono trovato a ragionare specificatamente sulla comunicazione ed in particolar modo a quella grafica, poiché nel vino (italiano) per la maggior parte delle aziende il principale elemento di comunicazione rimane l’etichetta, che ne siano coscienti o meno.

In sostanza di tutte le componenti della proposta di un’azienda / marca che ne formano la percezione, concetto che nella mia visione del marketing totale (link non ne metto, se non siete lettori assidui del blog cercate “Marketing Totale” nella finestra in alto a destra) sostituisce quello di promotion.

Ho quindi passato in rassegna decine e decine di etichette diverse, dalle più didascaliche alle più astratte ed ho visto la perplessità dei partecipanti al corso nei confronti di queste ultime (tenete presente che il vino in Italia è uno dei settori più tradizionalisti o, come dico io, uno dei più noiosi).

Eppure io so per esperienza che un messaggio astratto, quando riesce a “passare”, è un messaggio più forte che colpisce di più l’audience. Sia in termini di rilevanza (ampiezza e profondità) che per memorabilità (lunghezza).

Non essendo un teorico, e meno che meno un filosofo, della comunicazione ho avuto la sensazione di non essere riuscito a spiegare con la sufficiente chiarezza i vantaggi dell’astrazione.

Per questo mi ha colpito la risposta che l’architetto olandese Winy Maas ad una domanda dell’intervista pubblicata su El Pais dello scorso 7 gennaio, che riporto di seguito nella mia libera traduzione:

 

Come si può misurare la qualità di umorismo/divertimento nell’architettura?

A partire da una certa astrazione. Se uno è troppo letterale e perde la sottigliezza non coinvolge lo spettatore. L’astrazione è una chiave riduzionista, un utensile / strumento per la convivenza perché permette di dialogare con altre idee e formalizzazioni.

 

Vedrò di segnarmela per i prossimi corsi. Con l’avvertenza di ricordare che un messaggio quanto più è astratto e tanto meno è immediato, quindi richiede maggiori risorse (denaro e/o tempo) per “passare”. Se non “passa” l’astratto diventa assurdo, che probabilmente è anche peggio del banale.