In meno di un mese sono stato 5 giorni a New Yor e 5 giorni a Londra.
Per deformazione professionale, trovandomi in due delle principali metropoli mondiali, ho cercato di carpire qualche nuova tendenza di fondo, non necessariamente nell’ambito alimentari e bevande, che anticipasse i comportamenti futuri delle persone/consumatori.
Quelli che seguono quindi NON SONO impressioni di viaggio, cosa che lascio al programma di Licià Colò, ma sono le osservazoni che mi sono sembrate rilevanti in una logica di strategie aziendali future.
New York: confesso che non ho visto/vissuto nessuna novità che mi abbia colpito l’attenzione. Forse perchè lo cercavo e quindi non avevo lapertura mentale (serendipity) necessaria? Ad ogni modo l’impressione generale è di ritorno/attaccamento al passato come fonte di sicurezza e di solidità. In realtà l’interesse per il settore alimentarie e bevande appare ancora in fortissima crescita, con il proliferare di locali/catene di ristorazione che propongono cibi sani, naturali e quindi (implicitamente) di qualità. In questa tendenza si inserisce il successo di Eatily New York, che è diventato uno dei punti di riferimento anche dal puto di vista turistico. Ancora una volta giù il cappello davanti a Farinetti che ha esportato sostanzialmente immutato il modello di Eatily Torino in termini di comunicazione, struttura del punto vendita ed assortimenti (a New York c’è qualche grande marca italiana in più, ma questo con cambia la struttura della proposta). L’ennesima dimostrazione che si tratta di un concetto estremamente forte, chiaro ed universale.
Forse il ritorno al passato può essere una nuova tandenza negli USA, ma qui è da molto tempo che i Mulini sono tornati Bianchi e Slow Food ha recuperato i prodotti tipici del territorio con i suoi presidi.
Londra: qui non cercavo di capire le tendenze, anche perchè non mi aspettavo di trovarne. Viceversa ho trovato un’atmosfera molto più varia e dinamica di quella di New York, forse perchè tra poco più di un mese cominceranno le Olimpiadi? Molti operatori con cui ho parlato infatti dicono che fuori Londra la crisi si vede eccome.
A Londra invece i locali sono pieni, o meglio i marciapiedi davanti ai locali sono pieni della gente più varia perchè sono tutti fuori con i loro drink come in Italia o Spagna, che però hanno un clima che favorisce un bel po’ di più la vita all’aria aperta. Non so se è dovuto al divieto di fumare all’interno, ma rispetto alla cultura del pub che ho conosciuto 25 anni fa ed ho trovato ancora 10 anni fa è un bel cambio.
Per quanto riguarda le tendenze di alimentari e bevande, pensando ad un decennio fa (ma volendo anche a 5 anni fa) colpisce la presenza del vino ovunque (e questo vale anche per New York) ed il posizionamento della ristorazione indiana come cucina di qualità. Non è detto che una rondine faccia primavera, ma come sintesi delle tendenze future mi ha colpito un ristorante che proponeva esclusivamente “indian tapas”, ossia cucina indiana presentata in piccole porzioni.
A Londra la crescente influenza dell’Asia si percepisce chiaramente. O magari è perchè sono stato un pomeriggio con un nostro nuovo grossista, arrivato dall’India a Londra per fare l’Università, a 22 anni ha chiesto un prestiuto in banca ed ha messo in piedi un’azienda di forniture a pub e ristorante che dopo dieci anni fattura circa 15 milioni di euro ed ha una ventina di dipendenti, tutti indiani e parte i venditori.
Mi ha colpito (e qui divento un po’ Licia Colò) quello che mi ha detto a cena: “Se ripenso a quello che ho fatto in questi dieci anni, mi rendo conto che se dovessi farlo adesso, non ci riuscirei, perchè la forza che hai a 22 anni non è quella che hai a 32.” E’ una considerazione che condivido da quando mi sono reso che il mio picco psicofisico è cominciato sui 25 anni, e quinbdi da lì è inizato il declino.
Mi è venuto spontaneo quindi pensare alla situazione italiana dove la maggioranza delle persone comincia a lavorare intorno ai 25 e, soprattutto, fino ai 30 viene trattato praticamente da ragazzo di bottega. Che spreco di energie.