Per le feste appena trascorse, conoscendo le mie passioni, mi hanno portato del torrone dalla Spagna.
Il torrone in Spagna è IL dolce di Natale ed è quindi un settore su cui, soprattutto durante le feste c’è una fortissima concorrenza.
In teoria il torrone spagnolo non è molto diverso da quello italiano, in pratica è tutto altro perchè le proporzioni degli ingredienti vedono la netta predominanza delle mandorle (circa il 65% dell’impasto) e del miele sullo zucchero. Leggete la lista degli ingredienti, elencati per legge in ordine decrescente, su una confezione di torrone italiano e capirete cosa intendo. Poi in Spagna si produce un tipo particolare denominato di Jijona, dal nome della località che gli dà la denominazione d’origine, che è una specie di crema/pasta friabile fatta con gli stessi ingredienti del torrone “duro” macinati molto, molto finemente.
Prima di andare in Spagna e scoprire il torrone spagnolo, portato comunque, anche lì come da noi, dagli arabi, compravo lo Sperlari “Antica Ricetta”, ma non lo trovo da anni. Il mandorlato di cologna Veneta invece, non so perchè, non mi ha mai entusiasmato, malgrado le elevate percentuali di ingredienti “nobili”.
Ad ogni modo apro la sulla scatola della marca 1880 (una delle aziende storiche del settore) e sul film alluminato nero che avvolge il prodotto trovo il claim “1880, el turron mas caro del mundo” ossia “1880, il torrone più costose del mondo”.
Questa affermazione così ostentativa mi ha colpito visto che da diversi mesi a questa parte il sentiment è tutto basato sui concetti di convenienza e understatement. Mi mi ha anche colpito perchè mi ha dato immediatamente l’idea che avrei mangiato un prodotto di altissima qualità.
Attenzione si tratta di una marca e di prodotti che si comprano normalmente nei supermercati e, tra l’altro, non era nemmeno la mia marca preferita (io normalmente compravo El Almendro). Però quel claim inaspettato, anche perchè non era sulla confezione esterna, ma solo su quella interna, ha modificato il mio percepito.
Andando poi a vedere il sito ho scoperto che si tratta del posizionamento strategico della marca, su cui si basa tutta la comunicazione (spot TV compreso).
Ho ripensato quindi al razionale che ci può essere dietro a questa strategia:
- il consumo di torrone a Natale è sempre condiviso nel senso che è un prodotto che si regala oppure che si mangia insieme in famiglia e/o si offre a chi viene a casa
- il posizionamento come “più costoso del mondo” differenzia la marca rispetto ai concorrenti, anzi la stacca portandola nell’eccellenza assoluta;
- gratifica chi lo compra per il proprio consumo o chi lo riceve come regalo;
- rassicura chi lo utilizza come regalo, perchè gli garantisce di fare bella figura (che il prodotto piaccia o meno, io per te non ho badato a spese comprando il torrone più costoso del mondo);
- il prezzo oscilla tra i 7 e gli 8,5 euro (a seconda della pezzatura e del punto vendita) ed è quindi in assoluto accessibile alla stragrande maggiornaza dei consumatori. In media il torrone 1880 costa circa il 20% in più rispetto ai concorrenti, ossia 2 euro in più a pezzo. Non è poco, ma quanto vale la sensazione di sapere di aver dato il meglio a noi stessi ed ai nostri cari, almeno a Natale? Ancora di più in un periodo di incertezza e sacrifici.
Come sempre le strategie di marketing sembrano tutte ovvie a posteriori, ma a me questa sembra una delle strategie di “lusso accessibile” più brillanti che abbia visto ultimamente e probabilmente è quella che più si avvicina al concetto di “lusso inclusivo” di cui fantasticavo oramai più di tre anni fa.
E se vi sembrano considerazioni un po’ autoincensatorie provate a pensare alle strategie di posizionamento delle marche italiane da ricorrenza (Bauli, Motta, Melegatti, Paluani e compagnia).
Buon lavoro a tutti per domani.
Un bel pensiero, in un momento in cui siamo massacrati da annunci di sacrifici e lacrime e sangue (versate e da versare). Condivido sempre di più il pensiero che il un momento così nero, potersi gratificare, autoincensare o comunque elevare nelal scelta di un regalo/piacere sia una delle chiavi per ottenere dal consumatore un acquisto d’impulso che fa felice lui…e noi produttori