L’altro giorno ho ricevuto una risposta personale al mio post sulla campagna radio fatta dall PAM. Anche se l’intenzione di scrivermi personalmente invece di postare un commento mi pare fosse quella di non sparare sulla croce rossa, credo (spero) non se ne abbia a male se riporto parte della sua mail: .…. ma c’è una situazione in questo settore (della distribuzione N.d.A.) che definire drammatica è dir poco.
C’è una battaglia sul prezzo pazzesca, c’è il problema della terza settimana, ci sono competitor che entrano da un giorno all’altro.
E ti assicuro che di fronte ad una situazione del genere non si riesce più a farli ragionare: sono come impazziti, rapiti nel vortice di promozioni, sconti e buoni spesa, pronti a tradire posizionamenti e format pur di far quadrare i fatturati.
Il risultato sarà che qualcuno alla fine salterà e che si apriranno nuove opportunità per chi le saprà cogliere, mettendo in crisi le “vecchie” insegne.
Tutto vero, tutto giusto, tutto condivisibile, P E R O’ poi viene fuori Oscar Farinetti che apre Eatily con posizionamento forte basato su una chiara promessa di valore per un determinato target (che in questo caso è tutti i segmenti di consumo) e tutti rimangono a bocca aperta. E poi tutti i concorrenti lì a trovare scuse, …. è amico di Petrini, …. è proprietario delle cantine, ecc…, per giustificarsi di non averlo fatto (anche) loro.
Ma la cosa interessante è capire cosa ha in più Farinetti per ottenere i successi che ottiene.
Secondo me Farinetti ha più testa e più cuore (manca solo la coda e poi abbiamo rifatto il Carosello della grappa Piave).
Più testa nel senso che ha l’acume, le conoscenze e la creatività per pernsare e formulare della proposte di valore inovvative e rilevanti per ampie fasce di persone. Il buon vecchio marketing strategico. Il bello è che l’innovatività della proposta non sta tanto nei singoli elementi che la compongono, che in buona parte sono già presenti in modo sparso sul mercato, ma nel fatto di metterli e nel modo in cui vengono collegati. In parole povere nel pensiero che ci sta dietro, cosicchè il valore per i consumatori sta innanzitutto nel pensiero di base, di cui i servizi che gli vengono offerti (ribadisco una volta di più che nessuno compra mai prodotti, ma sempre servizi) sono la “semplice” concretizzazione. Il buon vecchio marketing strategico
Coem scrivevo in un mio vecchio post il concetto di “unique selling proposition” è spesso sopravvalutato perchè nella maggioranza dei settori è talmente difficile da rischiare di portare l’azienda ad inseguire chimere irragiungibili. Quello che fa Farinetti è sviluppare una “best selling proposition”, inserendo alcuni elementi di novità in quella che è sostanzialmente una nuova, e più ampia, combinazione di elementi esistenti.
Il pensiero però non basta senza l’azione e qui Farinetti dimostra più cuore della maggioranza dei suoi concorrenti perchè ha il coraggio di credere nella bontà della sua proposta, anche se questa esce dai canoni classici dei settori in cui opera. Crederci davvero significa alimentarla con le risorse necessarie avendo la fiducia che queste verranno ripagate e realizzarla con disciplina, coerenza e costanza, in modo da far crescere sempre di più nel tempo la propria credibilità. in altre parole rifuggire i compromessi che potrebbero (dare l’impressione di) prendere in giro le persone.
Non è niente di complicato, ma la realtà di tutti i giorni dimostra quanto sia difficile.
Ecco perchè quando l’ho visto alla presentazione delle Guide de L’Espresso a Firenze lo scorso ottobre, mi sono tolto il cappello e sono andato a fargli i miei più sinceri complimenti.
Bellissimo post, che condivido appieno.
Tra il dire e il fare, c’è di mezzo quella (poca) gente che si fa il mazzo per trasformare i sogni in realtà. Oscar Farinetti è uno di questi.
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