Immagino che avrò già scritto di quando, oramai parecchi anni fa, ho partecipato ad un seminiario di due giorni per la formazione del management organizzato dall’azienda per cui lavoravo al tempo.
La prima domanda fatta ai partecipanti dalle due psicologhe tedesche che gestivano il corso fu “Qual’è secondo voi la cosa più importante che deve fare un manager?” Io risposi “Trasmettere a tutti collaboratori la massima serenità possibile, in modo che possano rendere al meglio”.
Concetto un po’ distante dal linguaggio e visione castrense che spesso caratterizza ancora la gestione aziendale (tra l’altro, secondo me, se volete capire le dinamiche della guerra non leggete Von Clausewitz o Sunzi, come vi dicono nelle business schools, ma leggetevi Guerra e Pace).
L’episodio mi è tornato in mente ieri, quando stavo leggendo “Principi classici dell’arte di addestrare i cavalli” del Maestro Nuno Oliveira. Per chi non lo conoscesse, Nuno Oliveira è stato uno dei più grandi cavalieri di doma classica del secolo scorso (o forse di tutti i tempi). Cavaliere esibitosi in tutto il mondo, addestratore di cavalli ed istruttore di cavalieri, mi pare non abbia mai partecipato a competizioni di dressaga. E qui ci starebbe un’altra parentesi sul possibile effetto negativo che la competizione può avere nel raggiungimento dell’eccellenza, magari anche riferita alle guide dei vini, ma se continuo così non ne esco più.
Arrivato al capitolo “L’écuyer profossore” ho trovato la spiegazione perfetta di quello che intendevo con il mio concetto di serenità, e anche qualcosa di più. Quindi lo riporto integralmente (tranquilli è corto):
“Saper insegnare e donare tutto ciò che si è appreso con la pratica, saperlo spiegare, trasmettere, necessita di nozioni di psicologia per capire il carattere dell’allievo e per sentire come fargli comprendere. Bisogna inoltre capire qual’è lo stato d’animo del cavallo quando viene da montato da questo o quel cavaliere.
Per ottenere che l’allievo ottenga daal proprio cavallo questa o queella cosa, bisogna prima giudicare le sue capacità, trovare la maniera migliore per farsi comprendere da lui e la maniera migliore perchè egli si faccia comprendere dal suo cavallo.
Bisogna parlare al momento giusto e soprattutto avere il tono di voce adatto. La voce dell’insegnante deve saper calmare, infondere energia, fiducia e non mettere mai l’allievo o il cavallo in agitazione (influendo con la voce sullo stato d’animo del cavaliere e dunque dei suoi aiuti).
L’écuyer professore deve saper riconoscere un risultato, anche inferiore a quello sperato, saper incoraggiare o ammonire, saper far comprendere, mediante un linguaggio metaforico, ciò che vuole ottenere. Mentre è a piedi deve poter avere la conoscenza esatta di qeullo che insegna e quasi sentire il cavallo che l’allievo monta. Deve sapere come parlare a colui che ha bisogno di continue spiegazioni perchè il silenzio lo intimorisce e saper parlare poco a quello che ha bisogno di “raccoglimento”. Sapere anche come superare certe difficoltà che al cavaliere sembrano insormontabili, saper aggirare il problma senza dare, nè all’allievo nè al cavallo, l’impressione che l’uno abbia rinunciato e l’altro abbia vinto.
Il professore che riesce ad ottenere ciò ha una vera conoscenza della propria arte e solo costui merita di essere chiamato écuyer.
Bisogna anche che egli possa montare il cavallo dell’allievo e risolvere la difficoltà senza che per questo l’allievo abbia l’impressione di essere un incapace; che non abbi la stupidità del complesso di superiorità e la vanità di considerarsi un genio, ma che mostri, al contrario, una grande semplicità; che metta rapidamente il cavallo in condizione di essere montato di nuovo dall’allievo e di risolvere facilmente il problema.
Infine deve saper interrompere nel momento preciso in cui l’allievo è riuscito, se non è sicuro che potrà riuscirvi di nuovo senza incontrare gravi difficoltà. L’écuyer, il vero, non è detentore di un qualunque sistema o regolamento, deve sapere che percorsi diversi possono tutti portare a Roma.
Lécuyer è colui che ha addestrato molti cavalli, che ha passato ore e anni sul dorso dei cavalli meditando e arricchendosi di conoscenze che egli prova a trasmettere al meglio. Lécuyer è colui che invecchiando e vedendo diminuire le proprie capacità fisiche, sa apprezzare quelle dei propri colleghi e allievi più giovani, e che sarà felice se uno dei suoi allievi, grazie al suo insegnamento, avrà un giorno qualità equestri superiori alle sue. Lécuyer è colui che sa restare semplice e che, grazie alla propria onestà professionale, avrà fatto del proprio allievo un’amico.”
Se avete ancora curiosità e tempo, adesso o in settimana, aggiungo come corollario i link a due miei vecchi post:
Viva Felipe Gonzalez del novembre 2010
Gestione del personale ed etologia 4 dell’aprile 2011
P.S. Ieri Ho fatto lezione di equitazione: montato malissimo.