Comparto del prosecco: novità nelle dinamiche competitive del settore.
E’ ufficiale: la Henkell, uno dei principali produttori tedeschi di vini spumanti di proprietà del gruppo Oetker, ha acquisito il 50,67% delle azioni del principale produttore di cava spagnolo, e probabilmente leader mondiale nella produzione di spumante metodo classico, Freixenet (circa 150.000.000 di bottiglie annuali).
L’annuncio è stato dato sabato 17 marzo. Per capirsi il gruppo Oetker è quello che noi in Italia conosciamo come “Cameo”.
In realtà è un po’ più di quello: le varie aziende che appartengono al gruppo, la cui proprietà è ancora famigliare, nel 2017 sommavano 26.000 dipendenti e vendite per 6,1 MILIARDI di euro. Cifre che non comprendono quelli relativi alla società di trasporti marittimi Hamburg Sud, che il Gruppo Oetker ha venduto lo scorso 30 dicembre per 3,7 MILIARDI di euro al gruppo Maersk (quindi non è che abbiano grandi problemi per trovare i 220 milioni di euro che pare abbiano pagato per acquisire la maggioranza di Freixenet).
Per chi non lo sapesse, vale la pena di ricordare che Henkell è anche già proprietaria della cantina italiana Mionetto, uno dei marchi leader nel Prosecco in generale e nella DOCG Conegliano-Valdobbiadene in particolare, e che Freixenet dall’anno scorso commercializza con il proprio marchio Prosecco DOC e DOCG Conegliano-Valdobbiadene che si fa produrre dal gruppo cooperativo “La Marca” di Oderzo, di gran lunga il primo produttore di prosecco DOC.
Per concludere il quadro conviene aggiungere che i volumi di vendita sviluppati dal Prosecco DOC Freixenet non sembra siano stati molto elevati (per il tipo di aziende di cui parliamo ovviamente), anche in seguito al posizionamento elevato dato all’immagine ed al prezzo del vino.
Cosa succederà in futuro riguardo al Prosecco DOC nelle dinamiche tra Freixenet, Mionetto e La Marca non è dato di sapere. Quello che è certo è che le dinamiche del comparto sempre di più seguiranno logiche che esulano dalla realtà del territorio in cui il Prosecco è nato e si è sviluppato, fino a diventare il successo mondiale che è oggi.
Intanto Freixenet a questo ProWein nel suo stand mostra solamente le bottiglie del Prosecco DOC e DOCG Conegliano Valdobbiadene, come l’anno scorso, con l’aggiunta del “Rosato Italiano”. Quindi non uno spumante rosè generico (il Cava rosè l’avevano già), ma uno spumante specificatamente italiano, con un’immagine allineata a quella dei Prosecchi.
A dare un’idea dell’internazionalità che oramai caratterizza il Gruppo Freixenet i tre pannelli luminosi che decorano lo stand mostrano un vino fermo francese, i due cava “storici” ed il nuovo spumante rosato italiano.
Comparto del Prosecco (ancora): una nuova tendenza rinnoverà l’immagine del prodotto?
Tra le tante cose che ha caratterizzato e distinto in questi anni il prosecco rispetto agli altri spumanti c’è l’immagine originale delle bottiglie proposta da molte cantine rispetto ai classici spumanti esistenti. Difficile pensare che questa scelta condivisa, o su cui si è allineato, tutto il comparto non abbia giocato un ruolo nel successo degli ultimi 10 anni.
Bottiglie più informali, moderne, dinamiche rispetto alla classica bottiglia da spumante / champagne hanno giocato un ruolo chiave nel posizionare il prosecco come lo spumante nuovo, originale, di qualità ma “rilassato” rispetto agli altri concorrenti più “ingessati”.
Senza perdersi in troppi esempi basta ricordare la bottiglia cosiddetta “Collio” usata per moltissimi Prosecchi, a partire da quelli più economici, che si contraddistingue per forme più arrotondate, minore altezza. Diciamo più simpatia e meno “importanza”.
Da qualche anno a questa l’evoluzione delle bottiglie di prosecco, poi estesasi anche ad altre bollicine italiane, è stata quella di proporre bottiglie più basse e panciute, come ad esempio la bottiglia “Atmosphere”.
Nell’ultimo paio d’anni alcune cantine si sono spostate verso bottiglie più “magre”, senza per questo essere slanciate. Potremmo dire bottiglie che sembrano più da vino fermo (o ancora di più da birra artigianale) piuttosto che da spumante. Ad esempio Bisol, Merotto, Santa Margherita.
Aver trovato oggi Viticoltori Ponte con una bottiglia di questo stile mi fa pensare ad una tendenza che si sta diffondendo. La mancanza del capsulone non è dovuta ad una scelta di immagine ma semplicemente al fatto che non sono arrivati in tempo per l’imbottigliamento per la fiera.
A me però il dubbio che siano più “belle” così rimane (ho messo “belle” tra virgolette perché non ho né intenzione né tempo per spiegare qui il concetto di bello in termini di marketing). Voi cosa ne pensate?
Venezia è un concetto già usurato da milioni di turisti, vale davvero la pena di utilizzarlo così tanto.
Prima lezione del corso di addestramento dei cani: non ripetete più di 4 volte il comando senza che il cane ubbidisca, altrimenti lo “bruciate”. Alla quinta volta dovete fisicamente far fare al cane quello che avete chiesto in modo che lo associ alla parola. (tutto questo è spiegato meglio nella serie di post “Gestione del personale ed etologia” che trovate in questo blog).
Ora “Venezia” è già un concetto usurato in generale, temo che anche in ambito vinicolo il suo abuso lo stia svalutando (le foto qui sotto sono solo un esempio, tra i vari utilizzi di Venezia nella comunicazione del vino ricordo la campagne Ferrari di un paio di anni fa)
Non mi metto qui a discutere il “diritto” o meno di utilizzarlo da parte delle diverse cantine e consorzi situati in tutto il triveneto, mi pongo più banalmente un dubbio sulla sua efficacia, soprattutto quando non viene contestualizzata in una declinazione. E se cominciassero ad utilizzarlo anche in Istria e Dalmazia, storicamente tanto, o forse più, veneziane di gran parte del triveneto?
Una, cento, mille Italia.
Il proliferare di aree espositive collettive diverse riunite da diverse espressioni del concetto “vino italiano”, non è nuova, ma giova ripeterlo e ricordarlo perché il risultato è che si annullano a vicenda e quindi un’area espositiva a rappresentare il vino italiano nella sua globalità non c’è e non può esserci.
Tra l’altro con due padiglioni in cui sono presenti solo cantine italiane non è che un logo tricolore sia particolarmente differenziante.
Non è che l’organizzazione tedesca sia sempre perfetta.
Credo che il mio primo post di analisi e confronto tra Vinitaly e ProWein sia del 2013 o 2014.
Questa che vedete in foto è la coda per comprare il ghiaccio al padiglione italiano alle 10:28 di oggi. Le bestemmie degli espositori non potete sentirle ma le potete immaginare.
Se domani avrò altre impressioni scrivo la seconda puntata, altrimenti vorrà dire che non c’è stato altro che mi ha colpito.