Per vari motivi sto approfondendo l’area del marketing relazionale.
Avevo cominciato ad esplorarla un paio di anni fa ed ero rimasto perplesso. Man ano che approfondisco, aumentano le mie perplessità.
Ho la netta impressione che la visione prevalente si basi soprattutto su tecnicismi, che si contrappongono alla visione altrettanto tecnicistica del marketing transazionale.
Si tratta di concetti che in realtà poco hanno a che vedere con il marketing strategico ed alla sua pianificazione e gestione efficace ed efficiente.
Mi rendo conto che detta così la cosa suona presuntuosa e forse un tantino nihilista, però sono troppo stanco per sviscerare questa impressione oggi. Dico solo che mi sembra siano come “above the line” e “below the line”, due concetti di pubblicità che venivano dati per scontati e che per e non sono mai esistiti nello sviluppo di una strategia di comunicazione fin da quando faccio marketing per professione, ossia del 1994. Non solo perché non ne faceva menzione Kotler nell’edizione canadese di Marketing Management che ho studiato io, ma soprattutto perché si tratta di una classificazione slegata al comportamento del consumatore che quindi rischia di generare strategie inefficaci. Non è così che le persone si rapportano alle diverse forme di comunicazione. Se poi le agenzie di pubblicità / centri media devono fare i loro traffici con le concessionarie, si organizzino come meglio credono senza confondermi le idee invece di aiutarmi (ne scrivevo in maniera più estesa ed organica qui nel 2014).
Buona parte del marketing relazionale è concentrato sugli strumenti (digitali) per attivare e gestire le relazioni. Che poi all’atto pratico si riducono nell’ottenere i dati per aprire canali di comunicazione diretti con le persone e poter bersagliarli in modo più preciso con strategie di push che neanche il peggior approccio di vendita.
Oggi invece ho vissuto in prima persona un bell’esempio di marketing relazionale (che io normalmente avrei chiamato semplicemente di marketing) da parte della ditta di alimenti per cani e gatti “Farmina”.
Stavo attraversando Piazza Unità a Trieste con i miei due cani al guinzaglio (cosa che sarà capitata 3 volte in 12 anni) quando mi ha avvicinato una gentile signorina chiedendomi se poteva regalarmi dei bocconcini omaggio per i miei cani.
Ovviamente ho detto di sì. Mentre me li dava mi chiesto se poteva farmi un paio di domande e come potevo dire di no?
Mi ha chiesto come si chiamavano, di che sesso erano, che età avevano.
Poi mi ha chiesto se volevo dargli la mia mail per ricevere altri buoni sconto sui prodotti Farmina (uno era già nella borsetta con dentro i bocconcini omaggio) ed io gliel’ho dato. La finalità promozionale è trasparente e l’accetto volentieri.
Hanno attivato una relazione attraverso un rapporto personale, non digitale.
Se saranno bravi e mi disturberanno via mail per dirmi/offrirmi cose interessanti la relazione continuerà, altrimenti finiranno nello spam (non perdo neanche il tempo di cancellarmi dalla mailing list).
Prima di salutarmi mi ha chiesto se poteva fare una foro ai miei cani. E’ rimasta un po’ sorpresa quando le ho chiesto il motivo, ma da quando Diva e Donna mi ha paparazzato i cani prendendo una foto da questo blog per il giornale sono più sensibile alla privacy.
Mi ha risposto che è per pubblicare la foto sul loro profilo Instagram, ma che se non ero d’accordo non c’era problema. Quando le ho detto sì, mi ha chiesto se potevo far entrare nel campo visivo anche la borsetta con il logo Farmina.
Kali ha guardato in macchina, mentre quel vecchio brontolone di Fly si è girato dall’altra parte.
In sintesi:
- targettizzazione perfetta: tutti quelli che hanno un cane e solo quelli che hanno un cane.
- attivazione della relazione tramite un approccio personale emotivo (… a i cani ed i padroni dei cani) in cui l’azienda si spende nei confronti del target.
- integrazione dell’analogico con il digitale (e-mail)
- rafforzamento del rapporto personale con gli strumenti digitali (“guarda mamma il nostro cane è su Istagram”, vuoi non cliccare sul cuoricino?)
Se la borsetta fosse stata in plastica biodegradabile gli avrei dato 10!