Premetto il rammarico con cui scrivo questo post. illywords e la rivista grazie alla quale ho scoperto la co-opetition, e questo basterebbe già a garantire la mia riconoscenza imperitura.
A questo si aggiunge che illywords è la dimostrazione che il marketing basato sui contenuti NON è qualcosa legato al mezzo (WEB), ma dipende dalle idee e dalla capacità di metterle in pratica (e su quest’ultimo aspetto il MEZZO web sicuramente aiuta). Chiedo scusa a McLuhan, ma il mezzo NON è il messaggio, i cui contenuti rimangono centrali nel risultato della comunicazione (anche nel caso della loro eventuale incoerenza con il mezzo). Il primo numero di illywords è del 2002, quando il web 2.0 non era nemmeno un’ipotesi.
Infine il rammarico deriva anche dall’ammirazione per quello che illy in termini di gestione aziendale e marketing.
Per tutte queste ragioni è stato un grosso dispiacere quando lo scorso giugno ho ricevuto il n. 34 di illywords ed il titolo/tema della rivista era “coffetelling”.
Ma come? illy che ha dato al caffè un’etica ed un’estetica di dimensioni mai immaginate prima? La prima reazione è stata di non togliere nemmeno il cellophane e cestinarlo così come stava.
Poi per le ragioni dette prima (e per la necessità di separare i materiali per la raccolta differenziata) l’ho aperto e sfogliato, ma non sono riuscito a leggere gli articoli. Non so se riesco a spiegarmi, perchè sono un po’ arrugginito dopo la pausa estiva, ma non mi interessa che illy mi parli del caffè coma una Lavazza qualsiasi. Non mi interessa perchè Illy è stato capace di trasmettermi un mondo di valori di eccellenza che nasce, ed allo stesso tempo trascende, dal prodotto. E’ l’eccellenza del design delle tazzine (l’eccelenza della forma prima ancora della grafica), l’eccellenza dei reportage di Salgado sul percorso del caffè fin dalle origini, l’eccellenza ottenuta pagando equamente i produttori, l’eccellenza dei corsi per preparare un espresso perfetto (perchè costa così poco (di più) che non ha senso accontentarsi di meno).
Spiegare queste cose non aggiunge niente, anzi avvicina illy a tutti gli altri caffè. Basta guardare gli altri numeri di illywords per capire cosa intendo.
Pensa che ti ripensa mi è venuto in mente un pensiero che quasi mi vergogno a dire: illy è rimasta (sta rimanendo) una marca degli anni ’90, che non riesce ad evolvere su/da quei valori che l’hanno portata al successo mondiale di cui gode, e che merita. Eccessivo? Forse, però poi girando per il sito illywords si trovano sezioni vuote (nella versione in italiano la sezione Magazine e quella People ad esempio) articoli diversi tra la versione in inglese e quella in italiano (dove comunque la maggior parte degli articoli è in inglese e allora che senso ha?), profili di persone vuoti, tipo Riccardo Illy, ecc..
Allora il dubbio che illy non sia più in grado di cogliere/interpretare/rappresentare lo zeitgeist come ha fatto in questi anni si fà più forte.
Dove guardare per trovare lo spirito del tempo? Io consiglio l’ultimo video di Katy Perry (magari da un tablet, così alla fine vengono fuori in automatico i mini video con le autocitazioni ai video precedenti).
Sempre sul tema del peso del successo, magari la prossima settimana parlo dello spot radio di Negroni, che continua a rifarsi alle pubblicità di cinquant’anni fa (non si può sentire).